Per migliorare l’efficacia di una dieta dimagrante, alcuni ricercatori hanno scoperto che basterebbe eliminare i carboidrati due volte alla settimana.
Ricercatori britannici hanno infatti scoperto che le donne che rinunciavano ai carboidrati per due giorni a settimana e mangiavano normalmente nel resto del tempo riuscivano quasi a raddoppiare la perdita di peso rispetto alle donne che riducevano l’assunzione quotidiana di cibo a circa 1.500 calorie al giorno.
“Siamo giunti all’idea di una dieta basata sull’assunzione intermittente di carboidrati perché essa consente alle persone di poter assumere ancora cibi molto sazianti”, ha detto l’autore dello studio Michelle Harvie, una dietista di ricerca presso lo University Hospital of South Manchester, in Inghilterra. “Inoltre, ci sono un sacco di risultati di altri studi che dimostrano che limitare i carboidrati ha lo stesso effetto che limitare le calorie”.
Harvie e i suoi colleghi hanno cercato di trovare una dieta più facile da seguire per le donne, perché la ricerca ha dimostrato che l’obesità e i cambiamenti che provoca nel corpo aumentano il rischio di cancro al seno. “Sappiamo dalla nostra ricerca nei modelli animali che perdere peso può ridurre il rischio di cancro al seno”, ha detto Harvie.
I ricercatori hanno seguito 88 donne per quattro mesi. Tutte le donne erano ad alto rischio di tumore al seno in base alla loro storia famigliare.
Un terzo delle donne hanno seguito una dieta di tipo mediterraneo con calorie limitate a circa 1.500 al giorno. Ad un secondo gruppo è stato detto di mangiare normalmente per la maggior parte del tempo, ma due giorni alla settimana dovevano tagliare i carboidrati ed anche le calorie a circa 650 in quei due giorni. Al terzo gruppo è stato detto di togliere i carboidrati due giorni alla settimana, ma non c’era alcuna restrizione calorica in quei giorni.
Al termine dello studio, durato 4 settimane, in entrambi i gruppi con dieta intermittente le donne avevano perso più peso – circa 4,1 chili – rispetto alle donne che assumevano al massimo 1500 calorie al giorno tutti i giorni della settimana – circa 2,3 chili.
Le donne nei gruppi con dieta intermittente avevano anche un miglioramento nei livelli di ormoni – insulina e leptina – che sono collegati con il rischio di cancro al seno.
La dieta è facilmente riproducibile, hanno aggiunto i ricercatori. L’unica cosa da fare è tagliare drasticamente i carboidrati per due giorni a settimana e cercare di mangiare senza strafare tutto il resto del tempo, ha aggiunto Harvie.
Questo significa, ha concluso Harvie, è che si possono mangiare proteine e grassi sani nei due giorni senza carboidrati, eliminare pane, pasta, ortaggi a tuberi come le patate, le carote e simili per arrivare al limite di 50g. Si possono mangiare verdure a foglia verde, peperoni, funghi, pomodori, broccoli, melanzane e cavolfiori, mentre è permesso solo un pezzo di frutta al giorno nei giorni senza carboidrati.
In ogni caso, l’articolo non vuole essere un invito a fare esperimenti. Consigliamo sempre di consultare il vostro medico di famiglia, che conosce la vostra situazione di salute e saprà indicarvi al meglio.
Il punto delicato della ricerca scientifica citata dall’articolo è questo: i “carboidrati” non sono intercambiabili! Questi dietisti hanno messo nella stessa classe di equivalenza, quella dei “carboidrati” appunto, le seguenti cose: pane, pasta, tuberi e frutta; ebbene, il pane bianco ha lo stesso impatto dello zucchero sui livelli di glucosio nel sangue, come mostrato già dagli studi sull’indice glicemico raccolti nel sito di Michel Montignac (http://www.montignac.com/it/ig_concept.php), infatti ha indice glicemico pari a 70 (100 è quello del glucosio puro); il pane 100% integrale a lievitazione naturale, invece, sta a 40!
Lo stesso vale nel rapporto tra pane e pasta, e tra pasta e pasta integrale: già la pasta bianca, infatti, ha un indice glicemico inferiore a quello del pane bianco (60 contro 70) grazie alla grana più grossa della semola tipicamente impiegata per realizzare la pasta; la pasta integrale, se cotta al dente, si ferma a 40.
Infine, nella frutta i carboidrati sono accompagnati, in generale, da abbondanti fibre che ne abbassano l’indice glicemico (max 35 per la frutta più comune); inoltre la frutta fresca contiene vitamine, sali minerali, enzimi e fitonutrienti vari (ad esempio, gli antiossidanti più famosi: antociani, licopene, carotenoidi…) che ne ottimizzano l’impatto sul benessere dell’organismo.
Insomma, il primo errore è mettere tra i “carboidrati”, indistintamente, alimenti integrali e raffinati.
Il secondo errore è che, sempre nella medesima categoria, stanno cibi crudi e cotti.
Stando l’accoppiata crudo+integrale al primo posto per il benessere, al secondo posto è senz’altro preferibile cotto+integrale rispetto a crudo+raffinato (ammesso che esistano alimenti di questo tipo) o, peggio, cotto+raffinato.
Tornando al contenuto del’articolo, si può dunque concludere che il comportamento “vincente” è stato quello di sostituire l’apporto di “carboidrati” con un aumentato apporto di proteine e grassi. Questo, come un dietista preparato dovrebbe ben sapere, porta alla classificazione di “dieta chetogenica”, con tutti i suoi profondi effetti sul metabolismo.
Infatti, dato che il nostro corpo trae normalmente energia dai carboidrati (tutti invariabilmente trasformati in glucosio, che è la nostra benzina), nei periodi in cui è sommnistrata una dieta priva di carboidrati, l’organismo va a cercare il glucosio nei grassi accumulati. Ma cosa c’entrano i grassi? Bene, nel nostro organismo i grassi viaggiano in forma di trigliceridi: tre molecole di acidi grassi di varia lunghezza tenute assieme da una molecola di glicerolo.
Ecco che la privazione di carboidrati porta l’organismo a promuovere il metabolismo dei grassi accumulati, per liberare il glicerolo, ed il costoso ciclo metabolico che trasforma il glicogeno il glucosio. “Evviva!”, penserà chi è in cerca di un modo “facile” per buttar giù qualche chilo. Peccato che il metabolismo del glicogeno in glucosio sia molto dispendioso, e produca anche molti radicali liberi! Il che pone un severo stress sull’organismo, rendendo la perdita di peso soltanto un effetto collaterale di un processo ben più grave di deterioramento complessivo del benessere!