Un team di ricercatori della Duke Medicine University è riuscito a ottenere cartilagine da cellule staminali pluripotenti indotte (IPSC), coltivate in laboratorio appositamente con l’obiettivo di riparare tessuti ed effettuare studi su danni cartilaginei e artrosi. La scoperta, pubblicata on line il 29 ottobre 2012 sulla rivista Proceedings of National Academy of Sciences, suggerisce che da queste cellule si possano ottenere tessuti cartilaginei articolari “su misura” per il paziente.
Le cellule staminali pluripotenti indotte sono state prodotte per la prima volta nel 2006 a partire da cellule di topo, e nel 2007 da cellule umane, dal gruppo di ricerca guidato dal professor Shinya Yamanaka dell’Università di Kyoto, premiato proprio quest’anno con il Nobel per la medicina. Le IPSC permettono di riprogrammare cellule staminali adulte, caratterizzate da una limitata capacità di trasformarsi, in modo da renderle simili a quelle staminali embrionali, ovvero alle cellule in grado di convertirsi in ciascuno degli oltre 200 tipi di cellula differenziata adulta.
“La ricerca ha dimostrato – attraverso la sperimentazione su topi da laboratorio – che è possibile creare una quantità illimitata di cellule staminali capaci di trasformarsi in un qualsiasi tipo di tessuto”, ha detto Farshid Guilak, professore di Chirurgia ortopedica presso la Duke e primo autore dello studio. La sperimentazione ha preso in esame la cartilagine, un tessuto connettivo inizialmente presente nell’embrione in via di sviluppo che, con la crescita dell’organismo, viene quasi completamente sostituito dal tessuto osseo. La cartilagine è una sorta di ammortizzare presente nelle articolazioni che permette di muoverci senza provare dolore. Durante l’arco della vita la sua resistenza e la sua funzionalità possono essere minate da una serie di fattori (post-traumatici o degenerativi) che espongono la cartilagine a lesioni più o meno importanti e alla comparsa dell’osteoartrite (malattia degenerativa delle articolazioni). La cartilagine articolare, infatti, ha una scarsa capacità di riparazione (cioè non riesce a rigenerarsi da sola) e spesso la sua usura causa una seria diminuzione delle capacità di movimento nelle persone anziane che rende necessaria la sostituzione dell’articolazione.
Nel loro studio, i ricercatori della Duke University – guidati da Brian O. Diekman – hanno cercato di applicare le tecnologie più recenti che hanno reso le IPSC una promettente alternativa alle altre tecniche di ingegneria tessutale, che utilizzano cellule staminali adulte derivate da midollo osseo o tessuto adiposo. Gli autori sono riusciti a sviluppare una popolazione uniformemente differenziata di condrociti (cellule che producono collagene e sostengono la cartilagine) e, contemporaneamente, a tenere a bada lo sviluppo di altri tipi di cellule.
Il procedimento è consistito nel prelevamento di fibroblasti (cellule comuni presenti nel tessuto connettivo) da topi adulti e nella loro trasformazione in cellule pluripotenti indirizzandole verso la differenziazione in condrociti. Le cellule sono poi state manipolate in modo da farle brillare di verde (attraverso l’impiego della proteina fluorescente) solo ad avvenuta trasformazione in condrociti. Al termine del processo di differenziazione, le cellule cartilaginee che esprimevano la proteina fluorescente verde sono state facilmente identificate e separate dalle cellule indesiderate. Lo studio ha evidenziato che le cellule ringiovanite hanno prodotto una maggiore quantità di componenti cartilaginei, compreso il collagene, mostrando la caratteristica rigidità della cartilagine originaria, suggerendo che questa versione creata in laboratorio possa funzionare come quella naturale nel riparare le lesioni.
“La ricerca dimostra che la tecnica basata sulle IPSC può essere usata per sviluppare cartilagine di alta qualità, utile sia per mettere a punto tessuti di sostituzione sia per studiare malattie e loro trattamenti”. La prossima fase della ricerca – affermano gli autori – è quella di sperimentare la tecnica della crescita cartilaginea partendo da cellule umane. “Questa tecnica ha il vantaggio di mettere a disposizione un approvvigionamento continuo di cartilagine”, ha detto Guilak. “In aggiunta alle terapie cellulari, la tecnologia fondata sulle IPSC può anche fornire modelli cellulari e tissutali a misura di paziente, in grado di individuare farmaci per il trattamento dell’osteoartrite, malattia per la quale al momento non si ha né una cura né una terapia efficace capace di inibire la perdita di cartilagine”.