La resistenza agli antibiotici è ormai un’emergenza per la salute pubblica. Ma in cosa consiste esattamente l’antibiotico-resistenza e quali sono le cause che hanno contributo a questo fenomeno?
Gaianews.it ha intervistato sull’argomento il dottor Antonio Sorice della Società Italiana di Medicina Veterinaria Preventiva – SIMeVeP.
Antonio Sorice: Per antibiotico-resistenza si intende la capacità di un microorganismo di resistere all’azione di un antibiotico. Più correttamente si deve parlare di antimicrobico-resistenza intendendo la resistenza di un microorganismo all’azione degli antimicrobici in generale, cioè a tutte le sostanze usate per uccidere i microrganismi o per interromperne la crescita e la proliferazione.
La vera preoccupazione, che è diventata oggi una vera e propria emergenza, riguarda i ceppi batterici che in precedenza erano sensibili a un particolare antibiotico ed in seguito hanno sviluppato una resistenza alla sua azione, in questo caso si tratta della cosiddetta resistenza acquisita. Questa la vera emergenza che rischia di sguarnire l’arsenale terapeutico che abbiamo a disposizione.
Domanda: Dunque l’uso eccessivo e non appropriato di antibiotici, in termini di dosi e combinazioni, è da considerarsi la principale causa dello sviluppo e della diffusione di microrganismi antibioticoresistenti, con una conseguente perdita di efficacia delle terapie e gravi rischi per la salute pubblica. Quali le responsabilità in campo veterinario?
A.S.: In particolare in zootecnia, gli antibiotici venivano somministrati non solo a scopo terapeutico, ma anche come promotori di crescita, creando condizioni favorevoli per lo sviluppo di batteri resistenti in grado di reinfettare gli animali e di trasmettersi anche all’uomo. Negli ultimi anni il fenomeno dell’antibiotico-resistenza è stato sempre più spesso legato a microorganismi dell’ambiente zootecnico, inclusi gli animali destinati alla produzione di alimenti, gli animali da compagnia, i pesci e gli animali selvatici.
D.: Quali sono i batteri che hanno sviluppato maggiormente la multi-resistenza?
A.S.: Viene comunemente definita multi-resistenza o resistenza multipla agli antimicrobici la resistenza a tre/quattro o più antimicrobici appartenenti a classi diverse. Ad oggi i casi più noti di “superbatteri”, riguardano lo stafilococco resistente alla meticillina (MRSA), l’Escherichia Coli e la Klebsiella pneumonie, in particolare la diffusione degli ultimi due è triplicata negli ultimi anni ed è la causa più frequente di infezioni contratte in seguito a ricoveri in ospedale”.
D.: Dottor Sorice, perché i “superbatteri” hanno la capacità di resistere ai medicinali? Cosa avviene?
A.S.: Batteri e superbatteri sviluppano l’antibiotico-resistenza attraverso diversi meccanismi cellulari che li rendono capaci di resistere all’azione dei farmaci, una vera e propria trasmissione da un microorganismo ad un altro della capacità di resistere agli antibiotici.
Accade che il batterio resistente, una volta venuto in contatto con il farmaco, mette in atto diversi meccanismi che lo rendono inattaccabile dagli antibiotici, in maniera molto semplice, si possono verificare tre meccanismi di difesa: la capacità di espellere il farmaco all’esterno della cellula batterica, la capacità di inattivare e distruggere l’antibiotico, oppure la modificazione della struttura della cellula batterica tale da renderla insensibile all’azione dell’antimicrobico”.
D.: La trasmissione della resistenza può avvenire anche dagli animali all’uomo?
A.S.: Sì, la resistenza può trasmettersi dagli animali all’uomo con il consumo di alimenti, con il contatto diretto con animali o attraverso lo scambio di materiale genetico tra batteri comunemente diffusi in “ambiente animale” e quelli normalmente presenti in “campo umano”.
Per esempio, nel primo caso, la salmonella presente nel pollo può diventare resistente agli antibiotici somministrati all’animale stesso e quando questo diventa un alimento (carne o uovo), l’antibiotico-resistenza può trasmettersi all’uomo mediante il consumo di tale alimento.
Nel secondo caso, batteri generalmente non pericolosi né per l’animale, né per l’uomo, come Escherichia coli, possono sviluppare resistenza nell’animale quando trattato con antibiotici, e di conseguenza trasferire questa capacità a microorganismi patogeni anche per l’uomo.
Recenti studi hanno confermato che il trasferimento di batteri resistenti e di geni di resistenza dagli animali all’uomo attraverso gli alimenti di origine animale rappresenta una problematica emergente per la salute pubblica. Salmonella e Campylobacter, che sono le specie più studiate, rappresentano i principali patogeni a trasmissione alimentare.
Prescrizioni sbagliate, terapie non portate fino in fondo e soprattutto l’auto-cura sono dunque causa di questo fenomeno. Molti assumono antibiotici, per problemi virali contro cui quei farmaci non possono nulla, senza consultare il medico e addirittura c’è chi li compra su internet.
Gli antibiotici sono farmaci preziosi, ma vanno usati correttamente e con equilibrio, altrimenti rischiano di perdere l’efficacia grazie alla quale hanno contribuito significativamente ad abbattere la mortalità dovuta alle malattie infettive.
D.: Quali consigli può darci sull’uso degli antibiotici?
A.S.: In campo umano, per esempio, i suggerimenti che si possono dare sono banalmente questi: non prenderli in caso di raffreddore o influenza, assumere antibiotici solo dietro prescrizione medica, seguire esattamente la posologia indicata dal medico, evitare il “fai da te” assumendo troppi antibiotici ed evitare di sostituirli spontaneamente.
In campo veterinario si stanno mettendo in atto misure atte a contrastare questo fenomeno, per esempio già da alcuni anni in Italia è vietato l’utilizzo degli antibiotici come promotori di crescita, ma molto altro c’è ancora da fare.
L’obiettivo è un uso razionale e consapevole del farmaco veterinario, sia per gli animali d’allevamento sia per gli animali da compagnia, riducendo il consumo di antibiotici, ma soprattutto promuovendo un utilizzo del ‘quando serve, quanto basta’.
D.: Attualmente per combattere questa minaccia sono richiesti nuovi farmaci. Secondo alcune ricerche una soluzione potrebbe arrivare da alcuni composti naturali, che lavorati attraverso la sintesi chimica potrebbero rappresentare un valido potenziale. Qual è la sua opinione al riguardo?
A.S.: Nei decenni seguenti la scoperta della penicillina non sembravano esserci problemi perché lo sviluppo continuo di nuove classi di antibiotici, da parte delle aziende farmaceutiche, ha garantito un arsenale terapeutico efficace nel controllo di malattie infettive importanti, una fra tutte la Tubercolosi, ma nessuna nuova classe di antibiotici è stata scoperta negli ultimi venti anni e ai pochi antibiotici di ultima generazione sviluppati si è associata velocemente un’altrettanto rapida antibiotico-resistenza.
Non è importante da dove derivino nuovi antibiotici, anche la penicillina nei primi decenni del secolo scorso derivava da “composti naturali” come le muffe, quello che è assolutamente necessario è lo sviluppo di nuovi antibiotici per contrastare questa emergenza mondiale.
Tuttavia non è sufficiente una rincorsa evolutiva alla ricerca di nuove molecole, occorre una strategia di tipo olistico in cui tutti gli attori dell’utilizzo del farmaco, aziende farmaceutiche, medici, pazienti, veterinari, allevatori e proprietari di animali da compagnia, mettano in atto misure di contenimento e di uso appropriato di antimicrobici.
L’utilizzo razionale degli antibiotici è la vera sfida che ci troviamo di fronte nei prossimi anni, sia in campo umano che veterinario, usare gli antibiotici in maniera responsabile significa tutelare la salute di tutti poiché il loro cattivo utilizzo rischia di rendere più forti i batteri aumentare la diffusione delle infezioni e diminuire le nostre armi per combatterle.