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Il cervello svela quando diciamo le bugie

Scritto da Redazione di Gaianews.it il 09.06.2013

Una ricerca italiana, condotta dai ricercatori dell’Università Bicocca di Milano avrebbe trovato un modo per svelare chi mente. La ricerca basata sulla neuro imaging, rivela che è possibile individuare quando una  persona mente a seconda delle attività cerebrali. Lo studio, inoltre, mette in guardia sulle macchine della verità, avendo visto che domande stressanti possono attivare reazioni in chi risponde molto simili alla menzogna anche se l’interrogato dice la verità. La ricerca è pubblicata sulla rivista Plos One.

bugie

Non è la prima volta che l’osservazione del cervello viene utilizzata per indagare presunte colpevolezze: infatti una tecnica simile, chiamata “brain fingerprinting”, è stata utilizzata negli Stati Uniti dallo studioso Lawrence Farwell in due processi per omicidio (i casi Grinder e Harrington) e ha portato a modificare le sentenze, aiutando a individuare il vero colpevole nel primo caso e a scagionare il presunto nel secondo.

La ricerca della Bicocca parte dal presupposto che le aree del cervello più attive dal punto di vista “elettrico” nella costruzione della menzogna sono la regione frontale e pre-frontale dell’emisfero sinistro e la corteccia cingolata anteriore. La risposta bioelettrica del cervello di una persona che mente è chiamata N400 e riflette il tentativo di sopprimere l’informazione riconosciuta come vera.
 
“Attraverso un approccio di studio basato sull’elettrofisiologia cognitiva – spiega Alice Proverbio, professoressa associata di Psicobiologia e coordinatrice della ricerca – siamo in grado di vedere come reagisce il cervello di una persona quando riconosce qualcosa di familiare. È come se l’attività bioelettrica (derivante dall’attività cerebrale) esclamasse un “Aha!””.
Lo studio è stato condotto su 25 studenti universitari tutti volontari, 12 maschi e 13 femmine, ai quali sono state sottoposte 296 domande bilanciate per argomento e tipo di informazione. Le domande comprendevano anche dati, fatti e comportamenti personali conosciuti da ciascun partecipante. Per ogni risposta è stata impartita la specifica istruzione di mentire o dire la verità.
 
È stato utilizzato un paradigma innovativo, che simula la situazione stressante dell’interrogatorio, con domande anche imbarazzanti o su temi delicati. Durante le risposte i volontari hanno indossato speciali cuffie con 128 rivelatori che registravano l’attività elettrica del cervello.

«Rispetto alla macchina della verità che si basa sulla misurazione di aspetti fisiologici come sudore e battito cardiaco per individuare chi mente – aggiunge Proverbio – il metodo basato sulla registrazione dell’attività elettromagnetica misura anche l’effetto cerebrale delle emozioni provate durante l’interrogatorio. L’attività mentale, misurata attraverso le variazioni elettriche delle risposte cerebrali è un indicatore molto più affidabile di quella solo periferica».

Nello studio dell’Università di Milano-Bicocca è emerso anche che, se è sempre possibile individuare i bugiardi per via della N400, chi prova ansia per domande stressanti (o è accusato ingiustamente) evidenzia una reazione emotiva simile ai mentitori (che ingannerebbe la macchina della verità), il che mette in guardia da un uso sprovveduto di indicatori fisiologici non cerebrali.

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