Una ricerca italiana, condotta dai ricercatori dell’Università Bicocca di Milano avrebbe trovato un modo per svelare chi mente. La ricerca basata sulla neuro imaging, rivela che è possibile individuare quando una persona mente a seconda delle attività cerebrali. Lo studio, inoltre, mette in guardia sulle macchine della verità, avendo visto che domande stressanti possono attivare reazioni in chi risponde molto simili alla menzogna anche se l’interrogato dice la verità. La ricerca è pubblicata sulla rivista Plos One.
Non è la prima volta che l’osservazione del cervello viene utilizzata per indagare presunte colpevolezze: infatti una tecnica simile, chiamata “brain fingerprinting”, è stata utilizzata negli Stati Uniti dallo studioso Lawrence Farwell in due processi per omicidio (i casi Grinder e Harrington) e ha portato a modificare le sentenze, aiutando a individuare il vero colpevole nel primo caso e a scagionare il presunto nel secondo.
«Rispetto alla macchina della verità che si basa sulla misurazione di aspetti fisiologici come sudore e battito cardiaco per individuare chi mente – aggiunge Proverbio – il metodo basato sulla registrazione dell’attività elettromagnetica misura anche l’effetto cerebrale delle emozioni provate durante l’interrogatorio. L’attività mentale, misurata attraverso le variazioni elettriche delle risposte cerebrali è un indicatore molto più affidabile di quella solo periferica».
Nello studio dell’Università di Milano-Bicocca è emerso anche che, se è sempre possibile individuare i bugiardi per via della N400, chi prova ansia per domande stressanti (o è accusato ingiustamente) evidenzia una reazione emotiva simile ai mentitori (che ingannerebbe la macchina della verità), il che mette in guardia da un uso sprovveduto di indicatori fisiologici non cerebrali.