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La solitudine indebolisce il sistema immunitario


Solitudine e sistema immunitario sono connessi: sarebbe lo stress a minare la nostra salute e lo dimostra la comparsa dell'herpes

Scritto da Camilla Di Barbora il 24.01.2013

Un nuovo studio condotto da ricercatori dell’Università dell’Ohio afferma che la solitudine compromette l’efficienza del sistema immunitario innescando risposte disfunzionali. In particolare, è stato scoperto che le persone più sole mostrano segni di riattivazione del virus latente dell’herpes e producono più proteine correlate all’infiammazione in risposta allo stress acuto rispetto alle persone socialmente più integrate. Le proteine osservate hanno la caratteristica di segnalare la presenza di infiammazioni.

Solitudine

L’infiammazione cronica è legata a numerose condizioni, tra cui malattia coronarica, diabete di tipo 2, artrite e morbo di Alzheimer, ma anche a fragilità e declino funzionale tipiche dell’invecchiamento. È noto che la riattivazione del virus latente dell’herpes sia associata allo stress, il che suggerisce che la solitudine agisca come un fattore di stress cronico capace di attivare una risposta immunitaria scarsamente controllata.

“Da precedenti ricerche è emerso che la scadente qualità dei rapporti umani porta a problemi di salute, tra cui la mortalità precoce. E le persone sole chiaramente soffrono della mancanza di relazioni significative” ha dichiarato Lisa Jaremka, principale autore della ricerca, presentata il 19 gennaio 2013 in occasione del meeting annuale della Società della personalità e della psicologia sociale di New Orleans. “Questo studio è importante per capire come solitudine e rapporti umani incidono sulla salute. Più comprendiamo queste dinamiche, più possibilità ci sono di contrastare i loro effetti negativi e magari di intervenire”.

I risultati si basano su una serie di studi condotti su due popolazioni: un gruppo sano di adulti di mezza età in sovrappeso e un gruppo di sopravvissuti al cancro al seno. I ricercatori hanno misurato la solitudine utilizzando la scala UCLA della solitudine, ovvero un questionario che valuta la percezione di isolamento sociale e di solitudine.

Per prima cosa i ricercatori hanno cercato di ottenere un’istantanea del comportamento del sistema immunitario in caso di solitudine misurando i livelli di anticorpi nel sangue che si producono quando i virus dell’herpes vengono riattivati. I partecipanti erano 200 individui colpiti da tumore al seno che avevano completato il trattamento da almeno due mesi fino a un massimo di tre anni, con un’età media di 51 anni. Il loro sangue è stato analizzato per riscontrare la presenza di anticorpi contro il virus di Epstein-Barr e citomegalovirus, ovvero i virus dell’herpes più diffusi negli USA.

Circa la metà delle infezioni non produce malattia, ma una volta che la persona è infetta, i virus rimangono dormienti nel corpo e possono essere riattivati, con conseguente elevato livello di anticorpi, o di titoli (misure della concentrazione del virus), cosa che spesso non produce sintomi, ma suggerisce problemi al sistema immunitario.


Nei partecipanti più soli sono stati riscontrati livelli più elevati di anticorpi per il citomegalovirus rispetto agli altri individui, e i più alti livelli di anticorpi erano collegati a maggiore dolore, depressione e sintomi di fatica. Nessuna differenza è stata osservata nei livelli di anticorpi per il virus di Epstein-Barr: poiché si tratta di una riattivazione legata all’età e molti dei partecipanti erano un anziani – osserva Jaremka – sarebbe stato difficile individuare quelle riconducibili alla solitudine.

Precedenti ricerche hanno suggerito che lo stress può favorire la riattivazione di questi virus, provocando elevati titoli anticorpali. “Gli stessi processi coinvolti nello stress e nella riattivazione di questi virus sono probabilmente anche rilevanti per i risultati sulla solitudine”, sostiene Jaremka. “La solitudine è un fattore di stress cronico, una situazione socialmente dolorosa che può durare per un periodo piuttosto lungo”.


In un’altra serie di studi – condotti su 144 donne dello stesso gruppo di sopravvissuti al cancro al seno e un gruppo di 134 adulti di mezza età in sovrappeso e anziani senza problemi di salute gravi – gli scienziati hanno cercato di determinare come la solitudine influenzi la produzione di proteine proinfiammatorie, o citochine, in risposta allo stress.

Dopo aver prelevato campioni basali di sangue da tutti i partecipanti, gli individui sono stati sottoposti a una situazione di stress – gli è stato chiesto di improvvisare un discorso di cinque minuti e di eseguire un compito mentale di aritmetica di fronte a una videocamera e tre relatori. I ricercatori hanno successivamente stimolato il loro sistema immunitario con lipopolisaccaride, un composto presente sulle pareti cellulari batteriche che innesca una risposta immunitaria.

In entrambe le popolazioni, le persone più sole hanno prodotto livelli significativamente più elevati di una citochina chiamata interleuchina-6, o IL-6, in risposta allo stress acuto rispetto ai partecipanti con una migliore vita sociale. Anche i livelli di un’altra citochina, il fattore di necrosi tumorale alfa, risultava salito maggiormente nei soggetti che soffrivano di solitudine, ma i risultati sono statisticamente significativi in un solo gruppo di studio, quello degli adulti sani. Nello studio che ha coinvolto i sopravvissuti al tumore al seno, i ricercatori hanno anche effettuato test per i livelli di citochina interleuchina 1-beta, che veniva prodotta maggiormente nei partecipanti socialmente più isolati.

Dai controlli su fattori come la qualità del sonno, l’età e la condizione generale di salute, sono emersi gli stessi risultati. Jeremka afferma, pertanto, che tra i risultati degli studi c’è coerenza: le persone con una peggiore vita sociale che soffrono di mancanza di relazioni significative hanno infiammazioni maggiori e quindi sistemi immunitari meno efficaci di quelle socialmente più integrate.


Fonte: “Loneliness and Immune Dysregulation: A Psychoneuroimmunological Approach,” intervento di Lisa Jeremka al simposio S-G4, “Biological Underpinnings of Social Interaction: Interdisciplinary Approaches,” 19 gennaio 2013, New Orleans.

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