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Nuove strategie contro il morbo di Alzheimer

Ad un Congresso Internazionale nuove ricerche aprono la strada a metodologie innovative per tenere lontano il morbo di Alzheimer

Scritto da Elisa Corbi il 14.07.2014

Secondo nuovi studi presentati all’Alzheimer Association International Conference  2014 (AAIC) a Copenaghen, la partecipazione alle attività cognitivamente stimolanti e una moderata attività fisica durante la mezza età, sono un valido aiuto contro lo sviluppo del morbo di Alzheimer. Altre due nuove ricerche, invece, hanno dimostrato che i problemi legati alla qualità del sonno – specialmente se combinati con disturbo da stress post-traumatico (PTSD) – possono aumentare il rischio di demenza nelle persone anziane, e che un esordio tardivo dell’ipertensione può proteggere contro questa malattia.

Coppia di anziani

“Determinare i fattori che alzano e abbassano il rischio della malattia di Alzheimer e le altre demenze è una componente essenziale nella nostra battaglia contro queste patologie”, ha detto Heather Snyder, dell’Alzheimer’s Association  “Stiamo ottenendo una visione più chiara delle opportunità di riduzione dei rischi attraverso cambiamenti comportamentali e altri fattori di salute, e stiamo imparando che i fattori protettivi possono cambiare nel corso della vita.”

“Questi studi inoltre sottolineano la necessità di finanziare grandi studi a lungo termine in popolazioni differenti per permetterci di sviluppare  ‘ricette’ per cambiare stile di vita (per esempio, quali cibi mangiare ed evitare, quanta attività fisica e quali tipi di esercizi fare) e di saperne di più specificamente su come i fattori di rischio dell’Alzheimer e della demenza cambino con l’età”, aggiunge Snyder.

Precedenti studi hanno suggerito che la partecipazione ad attività che stimolano il pensiero e nuove idee, con l’avanzare dell’età,  possono ridurre il rischio del deterioramento cognitivo e della demenza, anche se i meccanismi alla base di questo possibile effetto attualmente non sono ben compresi.

“I nostri risultati suggeriscono che, per alcuni individui, l’impegno in attività cognitivamente stimolanti, soprattutto giochi come puzzle e carte, potrebbero essere un approccio utile per preservare le strutture del cervello e le funzioni cognitive che sono vulnerabili alla malattia di Alzheimer”, ha detto Stephanie Schultz del Wisconsin Alzheimer’s Institute. “Studi più dettagliati delle attività cognitive specifiche, tra cui i giochi, contribuirebbero ulteriormente alla nostra comprensione su come uno stile di vita sano possa aiutare a ritardare lo sviluppo del morbo di Alzheimer.”

Yonas E. Geda, i e colleghi della Mayo Clinic Study of Aging hanno studiato invece la relazione tra l’attività fisica e il rischio di nuovi casi di demenza in 280 anziani con compromissione cognitiva lieve (MCI).

Una persona con decadimento cognitivo lieve (MCI) ha un leggero, ma evidente e misurabile declino delle capacità cognitive, compresa la memoria e la capacità di pensiero. Questi cambiamenti sono abbastanza gravi da essere notati dai singoli, ma non sono abbastanza forti da interferire con la vita quotidiana. Le persone con MCI presentano inoltre un alto rischio di sviluppare l’Alzheimer.

Dopo aver seguito i partecipanti per circa tre anni, i ricercatori hanno scoperto che un moderato esercizio fisico durante la mezza età è associato ad una significativa diminuzione del rischio di progressione verso la demenza.

“Nei nostri studi, abbiamo scoperto che l’esercizio fisico a vari livelli,  è utile per le funzioni cognitive”, ha detto Geda. “Questi risultati sono interessanti, ma non sono ancora conclusivi. Sono necessarie ulteriori ricerche per determinare l’entità e la natura dell’attività fisica nella protezione contro la demenza.”

Kristine Yaffe, della University of California, insieme con il suo team di ricerca, ha riportato invece  i risultati di uno studio in cui i disturbi del sonno sono correlati alla demenza. Dall’indagine è emerso che gli anziani con una diagnosi di disturbi del sonno, come apnea o insonnia, presentavano un 30 per cento di rischio in più di sviluppare la malattia rispetto ai loro coetanei senza problemi .

“Questa è la prima indagine sul legame tra disturbi del sonno e la demenza tra gli anziani, per lo più di sesso maschile”, ha detto Yaffe. “Sono necessarie ulteriori ricerche per chiarire come i disturbi del sonno siano  un fattore di rischio” .

Infine un’ ultima ricerca ha rilevato che un esordio tardivo dell’ipertensione può proteggere contro la demenza. Un gruppo di esperti, guidati da Maria Corrada, della University of California, ha studiato la relazione tra la malattia e l’età di insorgenza dell’ipertensione.

I ricercatori hanno rilevato che i partecipanti ipertesi dall’età di 80 anni avevano un rischio significativamente inferiore di sviluppare la demenza rispetto ai partecipanti senza ipertensione. E i partecipanti con un’insorgenza all’età di 90 anni avevano una probabilità ancora più bassa.

“Nel nostro studio, la pressione alta non è un fattore di rischio per la demenza, ma tutto il contrario”, spiega Corrada. “Lo sviluppo dell’ipertensione in età avanzata può essere utile per mantenere la cognizione intatta. E’ importante capire questi meccanismi, perché le raccomandazioni per una sana pressione del sangue nei più anziani potrebbero rivelarsi diverse da quelle per le persone più giovani. “

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