Mentre finora gli esami del sangue per la diagnosi di patologie mentali erano ritenute impossibili, un recente studio indica chiaramente che, in linea di principio, la depressione potrebbe essere diagnosticata, invece, proprio in questo modo e questo potrebbe accadere in un futuro non troppo lontano.
La serotonina è un neurotrasmettitore, isolato nella mucosa intestinale di rana nel 1935 da un ricercatore italiano, Vittorio Ersparmer, che lo chiamò ‘enteramina’, ma solo nel 1950, quando fu trovato anche nell’uomo, assunse l’attuale nome.
Senza entrare nel merito della struttura biochimica, diremo solo che questa sostanza è un trasmettitore fondamentale, assieme ad altri ormoni, per le funzioni organiche.
Il trasportatore della serotonina o SERT è una proteina della membrana cellulare che facilita l’afflusso di serotonina – comunemente nota come ‘ormone della felicità’ – nella cellula.
Nel cervello, il trasportatore di serotonina presiede e regola la rete neurale della depressione, lo stato patologico le cui condizioni spesso possono essere causate da una mancanza di serotonina e di conseguenza è anche il punto di azione per i principali farmaci antidepressivi.
Il trasportatore della serotonina agisce anche in altri organi, quali l’intestino o il sangue. Recenti studi hanno dimostrato che questa proteina funziona nel sangue esattamente come nel cervello, assicurando che nelle piastrine venga mantenuta la concentrazione appropriata di serotonina del plasma.
I ricercatori della MedUni di Vienna hanno utilizzato la risonanza magnetica funzionale del cervello, associandola a ricerche farmacologiche, per dimostrare la stretta relazione esistente tra la velocità della ricaptazione della serotonina nelle piastrine del sangue e la funzione di una rete del cervello, nella depressione.
Questa rete è denominata ‘modalità di rete predefinita’ perché è attiva principalmente a riposo. I risultati di questi ultimi anni hanno dimostrato che essa è soppressa attivamente durante l’elaborazione di pensieri complessi, essenziale per un adeguato livello di concentrazione.
E’ interessante notare che i pazienti depressi hanno difficoltà a sopprimere questa rete durante i processi di pensiero, e questo può portare a pensieri negativi, come fa anche una scarsa concentrazione.
“Questo è il primo studio che è in grado di prevedere l’attività di un’importante rete di depressione nel cervello tramite un esame del sangue. Mentre le analisi del sangue per le malattie mentali sono state da sempre ritenute impossibili, questo studio mostra chiaramente che invece un esame del sangue è possibile per la diagnosi di depressione e che potrebbe realizzarsi in un futuro non lontano”, spiega Lukas Pezawas del Dipartimento di Psichiatria Biologica del MedUni di Vienna.
Lo studio è stato condotto, oltre al Prof. Pezawas, dai suoi collaboratori Christian Scharinger e Ulrich Rabl, in una cooperazione internazionale con l’Università Tecnica di Dresda e l’Istituto Centrale per la Salute Mentale di Mannheim.