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Autismo, occhi puntati su una sostanza del cervello simile alla cannabis

Scienziati americani ed europei hanno scoperto che accrescere le sostanze chimiche naturali simili alla marijuana nel cervello può aiutare a correggere i problemi comportamentali legati alla più comune causa genetica nota di autismo, la sindrome dell'X Fragile

Scritto da Camilla Di Barbora il 28.09.2012

Scienziati americani ed europei guidati da Daniele Piomelli, dell’Università della California, Irvine (UCI) e Olivier Manzoni, dell’agenzia nazionale francese di ricerca (INSERM), hanno scoperto che accrescere le sostanze chimiche naturali simili alla marijuana nel cervello può aiutare a correggere i problemi comportamentali legati alla più comune causa genetica nota di autismo, la sindrome dell’X Fragile. I risultati sono stati pubblicati il 25 settembre 2012 su Nature Communications.

 

 

 

 

 

 

 

La sindrome dell’X Fragile è causata da una mutazione del gene FMR1 sul cromosoma X, che porta alla perdita della proteina FMRP (Fragile X-mental retardation protein), senza la quale si verifica una difficoltà di comunicazione tra le cellule nervose. Le persone nate con questa mutazione sono affette da ritardo mentale di grado variabile. La sindrome si manifesta con specifiche caratteristiche fisiche, come volto allungato, grandi orecchie, piedi piatti e basso tono muscolare (che in età pediatrica si traduce nel ritardo a gattonare e camminare). Sono, inoltre, peculiari, il ritardo nel linguaggio, il limitato contatto oculare con l’interlocutore e l’esecuzione di movimenti stereotipati. 

Lo studio

Il gruppo di ricerca ha osservato il ruolo della proteina FRMP nella trasmissione dei segnali tra neuroni, impiegando topi geneticamente modificati portatori della stessa mutazione presente nelle persone affette da sindrome dell’X Fragile. Quando la proteina FMRP è assente, come nei pazienti affetti dalla sindrome in questione, i neuroni di alcune aree del cervello non sono più in grado di produrre questa sostanza in modo appropriato, e ciò determina l’insorgenza di un deficit del sistema nervoso e di comportamenti autistici. 

Ripristinando la corretta produzione della proteina 2-AG di segnalazione nelle cellule cerebrali, i ricercatori sono stati in grado di correggere i disturbi di comunicazione tra le sinapsi (strutture attraverso cui viaggiano le informazioni tra i neuroni) delle varie regioni del cervello che danno luogo a problemi cognitivi e comportamentali. I ricercatori hanno osservato che i topi di laboratorio hanno mostrato notevoli miglioramenti comportamentali nel test del labirinto, che misura il livello di ansia e di adattamento agli spazi aperti.

La proteina 2-AG fa parte della classe degli “endocannabinoidi”, cioè sostanze simili alla cannabis, ma prodotte dal cervello. Si tratta di piccole molecole segnale – create naturalmente nel corpo – che hanno una struttura chimica simile a quella del THC, il principale componente psicoattivo della pianta di marijuana o cannabis. Nel sistema nervoso centrale, questi trasmettitori consentono il trasporto efficiente di segnali elettrici nelle sinapsi e svolgono una funzione importante nei processi cognitivi, motori, sensoriali e affettivi a essi correlati. Il THC e i preparati della cannabis hanno noti effetti sull’umore, sul ciclo veglia-sonno, sulla circolazione sanguigna, sul sistema immunitario e sul metabolismo. Per questa ragione, sin dalla loro scoperta – negli anni ’90 – per gli endocannabinoidi è stata ipotizzata una funzione mediatrice nel combattere ansia, dolore, depressione e appetito, e si sono avviati gli studi per comprenderne le potenzialità terapeutiche.

I risultati

Già da diverso tempo il sistema endocannabinoide è oggetto di attento studio e il lavoro pionieristico di Piomelli ha dimostrato che conoscerne il funzionamento potrebbe condurre alla messa a punto di nuovi trattamenti farmacologici per i problemi comportamentali associati alla sindrome dell’X Fragile.
“La speranza è quella di aumentare la capacità delle persone con sindrome di X Fragile di socializzare e di essere coinvolto in normali funzioni cognitive”, afferma Daniele Piomelli, professore di anatomia e neurobiologia all’UCI e coordinatore del gruppo. 
“L’identificazione di una specifica causa molecolare per la sindrome da X Fragile è importante perché dimostra l’esistenza di sostanze in grado di normalizzare gli effetti della malattia sul comportamento, ma non equivale a dire che abbiamo trovato una cura per l’autismo”, continua Piomelli. “Piuttosto abbiamo individuato una strada promettente che speriamo conduca all’intensificazione degli studi su questa sindrome e alla messa a punto di terapie e farmaci innovativi”.

KM. Jung, M. Sepers et alii “Uncoupling of the endocannabinoid signalling complex in a mouse model of fragile X syndrome”. Nature Communications, 25 settembre 2012 

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  • karima scrive:

    insomma adesso faranno “drogare2 anche gli autistici? ci credo quale clientela migliore !!! mah