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E’ il sistema nervoso centrale il punto di origine della fibromialgia?

Scritto da Leonardo Debbia il 28.09.2015

La fibromialgia è il secondo tra i disturbi reumatici più comuni. Posta subito dietro l’artrosi, sebbene ancora ampiamente fraintesa, questa sindrome, caratterizzata da intenso dolore muscolare, associato spesso a rigidità, che solo in Italia colpisce una media di 1,5 milioni di persone, in un recente studio viene ridefinito come un disturbo cronico del sistema nervoso centrale, che è ritenuto responsabile dell’amplificazione del dolore alle spalle, al cinto pelvico, agli arti, praticamente a tutto il corpo delle persone affette da questa condizione, anche se gli indici di infiammazioni appaiono nella norma.

fibromialgia

 

Al dolore cronico, presente a intervalli, si associano spesso anche astenia, disturbi dell’umore e

affaticamento. Il dolore non risponde alle terapie con i comuni antidolorifici e purtroppo l’insieme dei sintomi è spesso interpretato male, indirizzano quindi le diagnosi verso valutazioni erronee quali, ad esempio, l’ipocondria.

Daniel Clauw, professore di anestesiologia all’Università del Michigan, ha analizzato la base neurologica della fibromialgia in una recente esposizione congressuale nell’ambito dell’Annual Scientific Meeting tenuto dall’American Pain Society a New Orleans, Louisiana.

“La fibromialgia può essere ritenuta sia una malattia ‘ambigua’ (qualcuno l’ha definita ‘invisibile’), sia un percorso comune alla centralizzazione e alla cronicizzazione del dolore”, ha affermato Clauw. “La maggior parte delle persone affette da questa condizione patologica ha storie di dolore cronico diffuso in tutto il corpo. Questa condizione può essere difficile da diagnosticare, se non si conoscono i classici sintomi, perché non esiste una causa ‘unica’ e non ha comunque segni esteriori visibili”.

Oggi, viene diagnosticata mediante esame digitopressorio che scatena reazioni dolorose su almeno 11 dei 18 tender points ritenuti indicativi della patologia.

Clauw ha spiegato che il dolore della fibromialgia è da porsi più in relazione con il cervello e il midollo spinale che con zone del corpo in cui i soggetti sani possono avvertire soltanto un dolore periferico.

Si ritiene che questa condizione debba essere associata a disturbi nel modo in cui il cervello percepisce ed elabora il dolore e le altre informazioni sensoriali.

I medici – secondo Clauw – dovrebbero sospettare la fibromialgia nei pazienti con dolore multifocale, soprattutto muscolo-scheletrico, che non può essere spiegato esaustivamente solo dalla presenza di lesioni o infiammazioni.

“Dal momento che le vie del dolore in tutto il corpo, nei pazienti con fibromialgia risultano amplificate, il dolore può verificarsi ovunque; così, mal di testa cronico, dolore viscerale e iper-reattività sensoriale sono disturbi comuni a tutte le persone che soffrano di questa condizione dolorosa”, ha dichiarato Clauw.

“Questo non significa che l’inizio della stimolazione nocicettiva periferica (il processo sensoriale che convoglia le sensazioni dolorose) non contribuisca al dolore provato dai pazienti con fibromialgia, ma questi provano più dolore di quanto normalmente ci si aspetterebbe dalla soglia d’ingresso periferico. Nei pazienti fibromialgici il dolore viene recepito da una estrema sensibilizzazione a uno stimolo che persone sane definirebbero solo come tocco”, ha aggiunto Clauw.

E proprio perché l’origine del dolore fibromialgico risiederebbe nel sistema nervoso centrale, il trattamento con oppiacei o altri analgesici è solitamente inefficace, perché queste sostanze non riducono l’attività dei neurotrasmettitori al cervello.

“Non è mai stata dimostrata l’efficacia di questi farmaci nei pazienti con fibromialgia e ci sono prove che gli oppiacei o i cortisonici (un tempo largamente impiegati) potrebbero anche peggiorare la fibromialgia o gli altri stati centralizzati del dolore”, ha aggiunto.

Clauw consiglia i medici di integrare i trattamenti farmacologici che agiscono sui neurotrasmettitori GABA, come il gabapentin, gli antidepressivi triciclici e gli inibitori della ricaptazione della serotonina (Fluoxetina), con approcci non farmacologici, come la terapia cognitivo-comportamentale, l’esercizio fisico e la riduzione dello stress.

“A volte l’entità della risposta al trattamento con terapie non farmacologiche semplici e poco costose supera quello effettuato con i prodotti farmaceutici”, afferma Clauw. “Il più grande vantaggio è la funzionalità, che dovrebbe essere l’obiettivo principale del trattamento per migliorare qualsiasi condizione di dolore cronico. La maggior parte dei pazienti con fibromialgia può avere un miglioramento della sintomatologia e condurre una vita normale, associando i farmaci giusti e un ampio uso di terapie non farmacologiche”.

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