Un nuovo studio statunitense segnala che una pratica di meditazione basata sulla respirazione, conosciuta come Sudarshan Kriya Yoga, aiuta ad alleviare una forma di depressione grave in soggetti che non abbiano risposto in maniera soddisfacente ai trattamenti antidepressivi con i farmaci consueti.
Lo studio, i cui risultati sono stati pubblicati sul Journal of Clinical Psychiatry, è stato condotto dai ricercatori della Scuola di Medicina di Perelman presso l’Università della Pennsylvania.
Anup Sharma, medico ricercatore del reparto di Psichiatria presso la Penn, ed il suo team hanno sperimentato la tecnica respiratoria yoga su un gruppo selezionato di pazienti volontari, scoprendo un significativo miglioramento dei sintomi depressivi e dell’ansia.
La pratica, secondo il dr Sharma, è “una terapia a basso costo che potrebbe potenzialmente servire come un efficace approccio con la malattia in sostituzione o con l’affiancamento delle cure farmacologiche, senza peraltro causare dipendenze, come accade invece con la droga”.
La tecnica di meditazione, che viene praticata sia in gruppo che individualmente a domicilio, comprende una serie di esercizi di respirazioni ritmiche naturali che, armonizzando il ritmo del corpo, inducono uno stato riposante e meditativo, fatto di respiri lenti e pacati alternati a respiri veloci e stimolanti.
“Sudarshan Kriya Yoga offre a chi lo pratica un metodo attivo per sperimentare uno stato meditativo profondo, ma facile da imparare”, assicura Sharma.
In studi precedenti, la pratica aveva già dimostrato una risposta efficace nei pazienti con forme più lievi di depressione, con depressione a seguito di dipendenza dall’alcool e nei pazienti con MDD (Major depressive disorder) o depressione grave.
Questo studio giunge quindi come una conferma e un segnale di speranza.
Gli effetti positivi dello yoga sulla regolazione del sistema nervoso e sulla riduzione degli ormoni dello stress sono universalmente noti, ma mancavano tuttavia studi appropriati degli effetti sugli stati depressivi, nonostante il crescente interesse per l’antica pratica indiana.
Per questo studio i ricercatori hanno selezionato 25 pazienti affetti da disturbo depressivo maggiore (MDD), rimasti depressi nonostante più di otto settimane di trattamento farmacologico antidepressivo.
I pazienti sono stati suddivisi in due gruppi. Il primo ha seguito un corso di una settimana di sessioni giornaliere, usando la metodologia Sudarshan Kriya Yoga, quindi esercizi settimanali dalla seconda all’ottava settimana, completati poi con una versione pratica della tecnica a domicilio.
Il secondo gruppo non ha invece partecipato a questa attività.
Dopo i due mesi del corso, i partecipanti dei due gruppi hanno effettuato il test della ‘scala di Hamilton per la depressione’, un metodo ampiamente usato per la diagnosi e la valutazione di questa malattia.
I pazienti che avevano seguito le pratiche Sudarshan Kriya Yoga e che all’inizio della terapia erano stati contraddistinti da un punteggio pari a 22.0 (corrispondente alla diagnosi di ‘depressione grave’), hanno mostrato un miglioramento significativamente maggiore, conseguendo un punteggio di 10.27, rispetto ai pazienti del secondo gruppo, le cui condizioni erano invece rimaste invariate.
La scala di Hamilton è utilizzata da uno specialista che valuta le risposte dei pazienti al questionario proposto. Ma lo studio ha utilizzato anche altre due misure di autovalutazione, i cosiddetti ‘inventari di Beck’ per la depressione e l’ansia. Anche con questa seconda valutazione, il gruppo che ha seguito la terapia yoga ha ottenuto un punteggio che riflette un miglioramento, sia per la depressione che per l’ansia.
Secondo gli autori, i risultati dello studio suggeriscono che la proposta di Sudarshan Kriya possa essere un intervento efficace per i pazienti MDD che non hanno avuto risposta ai farmaci antidepressivi.
“Questa parte iniziale della ricerca ha visto coinvolto un numero esiguo di soggetti. Il prossimo passo sarà la conduzione di uno studio più ampio per valutare l’impatto di questo intervento sulla struttura cerebrale e la sua specifica funzione nei pazienti affetti da depressione grave”, si ripromette Sharma.