“Con quella bocca puoi dire ciò che vuoi”, recitava negli anni Sessanta una ‘réclame’ televisiva di una nota marca di dentifricio, rivolgendosi al viso sorridente della bellissima Virna Lisi.
Chi non gradisce, in effetti, un bel sorriso? Al di là dell’igiene e della salute, per averne uno smagliante, che induca ad un approccio immediato con gli altri, è buona cura spazzolare i nostri denti ogni mattina, per averli sì sani e puliti, ma anche bianchi, lucidi e brillanti.
Anche senza essere psicologi, si può senza dubbio azzardarsi a considerarla come una prima forma di comunicazione o comunque un primo contatto ‘visivo’ con gli altri.
Abbiamo quindi a che fare quotidianamente con lo smalto dei nostri denti.
Ma come è nata e quando si è evoluta questa sostanza che li ricopre? E in quale parte del corpo lo smalto ha fatto la sua prima comparsa?
Nell’ultimo numero della rivista Nature, i ricercatori dell’Università di Uppsala, in Svezia, assieme ai ricercatori dell’Istituto di Paleontologia e Paleoantropologia dei Vertebrati (IVPP ) di Pechino, hanno raccolto i dati provenienti da due campi di ricerca completamente diversi uno dall’altro – Paleontologia e Genomica – per arrivare ad una chiara ma inaspettata risposta alle domande che ci siamo poste.
Pare che lo smalto abbia avuto origine nella pelle e successivamente abbia pian piano ‘colonizzato’ i denti.
E’ la sostanza più dura prodotta dal corpo, composta per il 96 per cento di apatite (ossido idrato di fosfato di calcio) e per il restante 4 per cento di fibre organiche, depositato su un substrato delle tre proteine base dello smalto.
Come altri vertebrati terrestri, lo smalto copre solo i denti della bocca, ma alcuni pesci, come gli squali, hanno anche ‘denticoli dermici’ – piccole scaglie simili ai denti – distribuiti sulla superficie esterna del corpo.
In molti pesci ossei fossili e di alcune fra le più arcaiche forme di vita, come il luccio (Lepisosteus) del Nord America, le scaglie sono ricoperte da un tessuto simile allo smalto, chiamato ‘ganoina’.
Tatjana Haitiana, ricercatrice del Dipartimento di Biologia degli Organismi presso l’Università di Uppsala, Svezia, ha studiato il genoma di Lepisosteus, che è stato sequenziato poi dal Broad Institute di Cambridge, Massachusetts, scoprendo che nelle sue scaglie sono contenuti i geni di due delle nostre tre proteine base della matrice dello smalto, i primi ad essere identificati in un pesce osseo dalle pinne raggiate.
Questi geni risultano essere contenuti anche nella pelle del Lepisosteus, portando a ipotizzare che la ganoina, sostanza che protegge lo strato esterno delle scaglie, possa essere una forma di smalto.
Ma dove ha avuto origine, allora, lo smalto? In bocca, nella pelle o contemporaneamente in entrambi i tessuti?
La risposta a queste domande è fornita da due pesci fossili, Psarolepsis, rinvenuto in Cina, e Andreolepsis, rinvenuto in Svezia, entrambi vecchi di 400 milioni di anni, che sono stati studiati da Qingming Qu e Per Ahlberg, ricercatori dell’Università di Uppsala, in collaborazione con Min Zhu, studioso dell’IVPP di Pechino.
In Psarolepsis le scaglie e i denticoli del muso sono ricoperti di smalto, ma non c’è smalto sui denti.; in Andreolepsis solo le scaglie sono costituite di smalto.
“Psarolepsis e Andreolepsis sono tra i primi pesci ossei”, spiega Per Ahlberg, docente di Biologia evoluzionistica degli Organismi all’Università di Uppsala. “La mancanza di smalto nei loro denti deve essere considerato un carattere primitivo e non una specializzazione. Riteniamo quindi che lo smalto sia nato nella pelle, dove si forma la ganoina, e abbia concorso alla formazione dei denti solo in un secondo tempo”.
Lo studio è il primo a riunire ed esaminare dati paleontologici e genomici in una sola analisi per comprendere l’evoluzione del tessuto.
Il team di ricerca prevede comunque di continuare ad esplorare l’evoluzione dei tessuti duri dei vertebrati che utilizzano questo approccio.