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Se l’occhio non vede si attiva

Scritto da Redazione di Gaianews.it il 08.09.2011
Occhio

Occhio umano - fonte wikipedia

L’ambliopia, o occhio pigro, consiste in una differenza di visione di almeno 3/10 di un occhio rispetto all’altro e colpisce  il 2% di tutta la popolazione e il 4-5% dei bambini.

L’Istituto di neuroscienze del Cnr, Università di Firenze e di Pisa, Fondazione Stella Maris ha scoperta che la corteccia visiva, nella persona adulta, ha un grado di plasticità più elevata di quanto si pensasse.  Lo studio apre la strada a importanti applicazioni nel trattamento dell’ambliopia

La corteccia visiva degli adulti ha una plasticità molto più elevata di quello che si pensava. Infatti se copriamo un occhio con un patch di quelli utilizzati dagli oculisti per un certo periodo, vedremo che quando toglieremo il patch l’attività dell’occhio sarà così grande da vincere la competizione con l’occhio sano. La scoperta è frutto della ricerca condotta da Claudia Lunghi, del gruppo di ricerca supervisionato da David Charles Burr (Istituto di neuroscienze del Consiglio nazionale delle ricerche, In-Cnr, di Pisa e Università degli Studi di Firenze) e Maria Concetta Morrone (Università di Pisa e Irccs Fondazione Stella Maris). Lo studio, finanziato da fondi europei Erc e pubblicato su Current Biology, apre la strada a nuove e importanti applicazioni in ambito diagnostico e terapeutico, in particolare nel trattamento dell’ambliopia (o ‘occhio pigro’), in età pediatrica.

“Negli anni ’60”, spiega Burr, ricercatore dell’In-Cnr, “i premi Nobel David Hubel e Torsten Wiesel hanno dimostrato come un periodo di stimolazione visiva anomala anche breve abbia conseguenze sull’organizzazione della corteccia visiva. Se, per esempio, viene a mancare l’input proveniente da un occhio (deprivazione monoculare), la corteccia si sviluppa in maniera abnorme e tutte le cellule rispondono all’occhio aperto, mentre il deprivato rimane inesorabilmente deficitario (ambliope). Questo è vero anche per gli esseri umani: se una cataratta monoculare congenita non viene operata nei primissimi anni di vita l’occhio rimane per sempre ambliope. Si pensava però che, una volta causati i danni da input visivo anomalo, la plasticità della corteccia visiva fosse praticamente ridotta a zero: il nostro studio mette in discussione tale convinzione”.

I risultati ottenuti dimostrano infatti “il grande potenziale plastico corticale degli adulti”, prosegue Lunghi, dottoranda presso l’Università di Firenze, “e che la rivalità binoculare (per cui, quando le immagini provenienti dai due occhi sono molto differenti, il cervello non le fonde ma preferisce sopprimerne una), può essere un metodo rapido e non invasivo per misurare la plasticità del sistema visivo in maniera sensibile e accurata. Il risultato, inoltre, è clinicamente importante, in quanto la terapia occlusiva dell’occhio ‘buono’ (il patch) è comunemente utilizzata per il trattamento dell’ambliopia nei bambini ma non esistono Linee Guida, né Protocolli che diano indicazioni scientificamente provate sul suo utilizzo”.

A questo proposito è in corso di preparazione una ricerca in collaborazione tra Stella Maris e Azienda ospedaliero-universitaria Meyer di Firenze per monitorare, utilizzando la rivalità binoculare, i cambiamenti plastici durante il trattamento dell’ambliopia anisometrope in età pediatrica.

“La nostra scoperta”, conclude Morrone, “si innesta nella tradizione che da anni caratterizza con grandi risultati sia la Fondazione Stella Maris, sia la Scuola di visione del Cnr di Pisa nell’ambito delle ricerche sulla plasticità cerebrale e della corteccia visiva”.

 

 

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