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Svelata una relazione fra geni e Parkinson

Scritto da Angelo Varlotta il 28.11.2013

Un team di ricercatori dello Sanford-Burnham Medical Research Institute ha chiarito il meccanismo di interazione tra geni ed ambiente alla base della distruzione dei neuroni dopaminergici da parte di alcuni pesticidi.

La dopamina è il neurotrasmettitore che invia i segnali alle zone del cervello che controllano i movimenti e la coordinazione.

La scoperta, pubblicata su Cell, comprende anche l’identificazione di una molecola che protegge i neuroni dal danno indotto dai pesticidi.

Neuroni

“Abbiamo usato, per la prima volta, cellule staminali umane di pazienti affetti da Parkinson per dimostrare che, una mutazione genetica, combinata con l’esposizione a pesticidi crea il cosiddetto ‘double hit scenario’ producendo nei neuroni radicali liberi che alterano meccanismi specifici, causando la morte della cellula neuronale”  spiega il professor Stuart Lipton, direttore presso il Del E. Webb Center for Neuroscience dello Sanford-Burnham Medical Research Institute ed autore dello studio. 

Il collegamento tra Parkinson e pesticidi, fino ad oggi, era stato confermato solo da esperimenti su cavie animali e da studi epidemiologici, che avevano mostrato un aumento del rischio per le popolazioni rurali, gli agricoltori ed i soggetti esposti ad agenti chimici usati in agricoltura. 

In questo nuovo studio, Lipton, con la collaborazione di Rajesh Ambasudhan, professore presso il Del E. Webb Center e di Rudolf Jaenisch, professore al MIT di Boston e fondatore del Whitehead Institute for Biomedical Research, ha utilizzato cellule epiteliali di pazienti affetti da Parkinson che presentavano una mutazione nel gene codificante una proteina chiamata α sinucleina. L’ α sinucleina è la proteina principale ritrovata nei corpi di Lawy – aggregati proteici che sono il segno distintivo del Parkinson.

Utilizzando le cellule epiteliali dei pazienti, i ricercatori hanno creato cellule staminali pluripotenti indotte (hiPSCs) contenenti la mutazione, e quindi hanno “corretto” la mutazione dell’ α sinucleina nelle altre cellule. Le cellule sono state poi riprogrammate per ottenere i neuroni A9 dopaminergici danneggiati nel Parkinson creando così due set di cellule, identiche in ogni aspetto, tranne che per la mutazione dell’ α sinucleina.   

“L’esposizione sia dei neuroni normali che di quelli mutati ai pesticidi – inclusi il paraquat, maneb, e rotenone – ha creato un eccesso di radicali liberi nelle cellule che presentavano la mutazione, causando  un danno ai neuroni dopaminergici che ha portato alla morte della cellula” dichiara Frank Soldner, ricercatore presso il laboratorio di Jaenisch e coautore dello studio. 

“Infatti, abbiamo osservato gli effetti deleteri di questi pesticidi sulle cellule per dosi molto al di sotto dei livelli accettati dall’EPA” spiega Scott Ryan, ricercatore presso il Del E.Webb Center e primo autore dello studio. 

Aver impiegato neuroni geneticamente identici, fatta eccezione per una singola mutazione, ha semplificato enormemente l’interpretazione dei meccanismi di morte neuronale indotta da pesticidi. I ricercatori sono riusciti ad evidenziare come la mutazione, quando esposta a pesticidi, possa alterare un pathway mitocondriale – chimato MEF2C-PGC1α – che normalmente protegge i neuroni dopaminergici. I radicali liberi hanno quindi attaccato la proteina MEF2C, portando alla perdita di funzionalità del pathway che avrebbe altrimenti preservato le cellule nervose dall’azione dei pesticidi.

“Una volta compreso il pathway e le molecole alterate dai pesticidi, abbiamo usato uno screening ad alta sensibilità per identificare le molecole che avrebbero inibito l’effetto dei radicali liberi sul pathway” spiega Lipton. “Una molecola identificata è l’isoxazole, che protegge i neuroni dalla morte cellulare indotta da pesticidi. Dal momento che molti farmaci approvati dalla FDA contengono derivati dell’isoxazole, le nostre scoperte potrebbero avere implicazioni cliniche nel trattamento del Parkinson attraverso il riutilizzo di questi farmaci.”

 Il team che ha condotto lo studio pianifica inoltre di esplorare ulteriori meccanismi molecolari che dimostrino come i geni e l’ambiente contribuiscano al manifestarsi del Parkinson e di altre malattie neurodegenerative, come l’Alzheimer e la SLA.

 

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