L’impatto dell’anidride carbonica sulla temperatura della Terra è ormai un fatto accertato e consolidato dai modelli climatici, nonchè dalle temperature registrate nel corso della storia del nostro pianeta e collegate alle quantità di CO2 nell’atmosfera.
Tuttavia i dati delle temperature del passato sembravano suggerire che il riscaldamento fosse in larga parte limitato alle medio-alte latitudini, in particolare alle regioni polari, mentre le temperature tropicali sembravano essere state relativamente stabili.
Nuovi risultati, pubblicati su Nature Geosciences, contraddicono o quanto meno mettono qualche punto interrogativo sugli studi precedenti, indicando che anche le temperature superficiali del mare dei tropici erano più calde durante l’inizio e la metà del Pliocene, un intervallo che si estende da 5 a 3 milioni di anni fa.
Il Pliocene è di particolare interesse perché le concentrazioni di anidride carbonica di quel periodo sono state ritenute attorno alle 400 ppm (parti per milione), il livello più elevato degli ultimi 5 milioni di anni; un livello che è stato nuovamente raggiunto, per la prima volta nell’Era quaternaria, la scorsa estate, a causa delle attività umane.
I livelli di CO2 più elevati del Pliocene sono stati a lungo associati ad un mondo più caldo, ma i dati provenienti dalle regioni tropicali suggerivano invece temperature relativamente stabili.
Richard Pancost, biogeochimico e Direttore dell’Istituto Caboto presso l’Università di Bristol, che ha guidato la ricerca, ha affermato in proposito: “Questi risultati sono quelli che i modelli climatici hanno previsto già da tempo. Anche se i gas serra provocano maggiore riscaldamento ai poli, non significa che non facciano sentire la loro presenza anche nelle aree tropicali. Questi risultati indicano che pochi luoghi sulla Terra resteranno immuni dall’effetto del riscaldamento globale e che i tropici subiranno probabilmente impatti climatici quali, per esempio, l’aumento di intensità delle tempeste tropicali”.
Gli scienziati hanno concentrato la loro attenzione sul Mar Cinese meridionale, che è situato ai margini di un esteso bacino di acqua calda, il Pacifico occidentale, e sono stati in grado di utilizzare una combinazione di dati geochimici per ricostruire la temperatura della superficie del mare in passato.
Non tutte le prove sono in accordo, ma i ricercatori sostengono che alcuni metodi utilizzati per ricostruire le passate temperature debbono essere riconsiderati.Charlotte O’Brien, co-autrice della ricerca, ha aggiunto: “E’ difficile ricostruire le temperature degli oceani di molti milioni di anni fa e ogni strumento utilizzato ha dei limiti. Ecco perché ora abbiamo utilizzato una combinazione di approcci in questa nostra indagine. Due metodi possono concordare e il terzo magari no. Allora, per andare sul sicuro, dobbiamo verificare come è variato il contenuto di magnesio e di calcio nell’acqua di mare negli ultimi 5 milioni di anni. Questo è un presupposto fondamentale da cui dobbiamo ripartire”.
Gavin Foster, ricercatore dell’Università di Southampton, è altresì particolarmente interessato a collegare i dati delle temperature con le stime migliori dei livelli di anidride carbonica del Pliocene.
“Così come continuiamo a verificare le nuove ricostruzioni delle temperature” – asserisce Foster – “dobbiamo anche verificare, nel contempo, le corrispondenti stime di CO2. Solo così potremo capire meglio il funzionamento del ‘sistema Terra’ e fornire un quadro migliore per prevedere i futuri cambiamenti climatici”.