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I cristalli del magma possono aiutare a capire i meccanismi del vulcano Kilauea

Scritto da Leonardo Debbia il 14.01.2021

Da tempo i vulcanologi stanno cercando di capire i meccanismi attraverso i quali si giunga alla genesi di un’ eruzione; un compito non certo facile, dal momento che, dopo un evento eruttivo, tutti i markers sotterranei di cui si fosse stati a conoscenza e che avrebbero potuto essere considerati indizi preliminari di un’esplosione, vengono quasi sempre distrutti.

Vista aerea dell'eruzione vulcanica del Kilauea nel maggio 2018 (immagine di repertorio)

Vista aerea dell’eruzione vulcanica del Kilauea nel maggio 2018 (immagine di repertorio)

Tuttavia, esaminando i minuscoli cristalli di olivina formatisi durante un’eruzione avvenuta alle Hawaii più di 50 anni fa, i ricercatori della Stanford University hanno provato ad elaborare dei modelli computerizzati del flusso magmatico, con cui poter ricostruire eruzioni del passato e possibilmente prevederne di future.

Con questi metodi analitici, potremmo fare deduzioni più precise, senza dover ricorrere alla trivellazione dei vulcani”, afferma Jenny Suckale, geofisica della Stanford.

Microcristalli di olivina furono infatti rinvenuti nelle lave del Kilauea già nel 1959 e una loro analisi ha rilevato che il loro orientamento appare alquanto ‘particolare’, con uno schema apparentemente coerente che gli studiosi hanno interpretato come il risultato dell’azione di un’onda formatasi all’interno del magma che sia stata in grado di infuenzare la direzione dei cristalli inclusi nel flusso magmatico.

Questo processo è stato descritto sulla rivista Science Advances il 4 dicembre scorso.

A questa teoria si è arrivati per caso, come spesso accade nella ricerca.

La dottoressa Suckale stava ascoltando l’esposizione di una studentessa di Stanford sul movimento delle microplastiche in mare che sembrano assumere spesso un orientamento coerente ed ebbe così un’intuizione: la stessa teoria poteva essere applicata ai microcristalli del flusso di lava?

Insieme al geofisico Zhipeng Qin, Suckale e il suo team hanno così analizzato i cristalli di un frammento di lava solidificata, una roccia dura e porosa formatasi in ambiente subaereo mentre il magma si stava raffreddando e intrappolava nei cristalli i gas disciolti e le bolle di olivina.

Il raffreddamento della lava all’esterno del cratere è spesso talmente rapido che i cristalli non riescono a formarsi ed essere quindi in grado di rivelare cosa è accaduto durante l’eruzione.

Una simulazione di questo processo è stata fatta in laboratorio basandosi sull’osservazione dei cristalli prodottisi durante un’eruzione del Kilauea Iki, un cratere vicino alla caldera summitale del Kikauea.

Il punto di partenza per comprendere lo scorrimento del flusso nel condotto vulcanico era il passaggio tubolare attraverso il quale il magma caldo fluiva dalle profondità alla superficie terrestre. Poichè i getti lavici potevano essere scagliati a diverse centinaia di metri dal vulcano, i campioni rocciosi consolidatisi erano relativamente facili da essere recuperati.

Premesso che per rimanere liquido, il magma all’interno di un vulcano deve essere costantemente in movimento, l’analisi del team indica che il ‘particolare’ allineamento dei cristalli è stato causato dal movimento dello stesso magma che avviene in due direzioni contemporaneamente, con un flusso a diretto contatto dell’altro, piuttosto che esser riversato in un condotto in un flusso costante.

I ricercatori avevano già ipotizzato che potesse verificarsi proprio il processo che stavano sperimentando, ma la mancanza di accesso diretto al fluido nel condotto impediva di trarre conclusioni avventate, secondo Suckale.

Se si riesce a misurare l’onda si può imitare il flusso del magma; e il movimento di questi cristalli consente di arrivare a quell’onda”, afferma la studiosa.

Nella pratica, monitorare il Kilauea è in realtà una sfida continua a causa delle imprevedibili eruzioni del vulcano attivo. Invece di effondere lava in continuazione, si verificano infatti esplosioni isolate periodiche che generano improvvise colate laviche, pericolose in specie per i residenti sul lato sud-est della Big Island delle Hawaii.

Secondo i vulcanologi, riuscire a tracciare l’orientamento dei cristalli nelle diverse fasi delle future eruzioni del Kilauea potrebbe consentire di dedurre il flusso nel condotto in tempi prevedibili.

Non è certo possibile far previsioni esatte su quando avrà luogo una eruzione, ma tanto dipende dalle dinamiche dei condotti”, assicura la Suckale.

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