La settimana scorsa, due team che lavorano con l’LHC (Large Hadron Collider) al Cern di Ginevra, CMS (Compact Muon Solenoid) ed Atlas, hanno pubblicato due nuovi preprint delle loro recenti ricerche sul sito arXiv.org. Al Cern, dopo la dichiarazione della scoperta della particella di Dio, il bosone di HIggs, continuano le ricerche. Questi risultati dimostrano che Atlas è riuscito ad aumentare il livello di certezza da 5.0 sigma a 5.9 sigma, mentre CMS ha mantenuto il suo livello in un range tra 4.9 e 5.0 sigma.
In merito a questi nuovi risultati, Gaianews.it ha intervistato l’ex-portavoce dell’esperimento CMS Guido Tonelli. Il professor Tonelli, scienziato italiano, è stato il portavoce dell’esperimento CMS per il biennio 2010-2011, e nel 13 dicembre 2011, insieme a Fabiola Gianotti, portavoce di ATLAS, ha presentato in un seminario al CERN i primi indizi nei dati di LHC della possibile presenza del bosone di Higgs intorno a una massa di 125 GeV.
* Professor Tonelli, nella recente conferenza del Cern, gli scienziati dei due esperimenti hanno annunciato un segnale a 5 sigma mentre in questo nuovo articolo si parla di 5.9 sigma. Che significa questa differenza?
– Il 4 luglio ATLAS e CMS hanno presentato i loro risultati preliminari. Entrambi hanno mostrato dati sulla base dei quali il segnale intorno a 125 GeV, che era stato discusso nel seminario congiunto di Dicembre 2011, si ripresenta, rafforzato, nei dati del 2012. La conclusione è che, combinando i dati 2011 e 2012, ogni esperimento, individualmente, raggiunge una significatività statistica di 5 sigma per cui si può parlare di scoperta di un bosone che, per ora, sembra consistente con tutte le caratteristiche del bosone di Higgs.
Il 31 luglio ATLAS e CMS hanno sottoposto per la pubblicazione i loro due articoli. I risultati pubblicati contengono nuove analisi che nel seminario non erano state presentate. Questo è il motivo per cui uno dei due esperimenti- ATLAS- presenta oggi un segnale ancora più forte, che raggiunge una significatività di 5.9 sigma. La cosa non deve stupire. D’ora in avanti, accumulando ulteriore statistica, o introducendo nuove analisi. Questo segnale è destinato solo a rafforzarsi. Sta ad indicare che stiamo osservando un nuovo stato della materia.
* Nonostante gli scienziati del Cern abbiano sottolineato sempre che questi risultati non sono ancora confermati, alcuni ritengono che questa prudenza sia soltanto un segno che la particella è già stata scoperta. Lei che risposta ha per loro come fisico che ha avuto un ruolo da protagonista in questa ricerca?
– Questo segnale non sparirà. Nonostante tutta la prudenza che è nostra compagna di viaggio abituale -possiamo dire – senza ombra di dubbio, che è stata scoperta una nuova particella. Credo di poter affermare che questa non è soltanto la mia opinione che- visto che sono parte in causa- potrebbe essere in qualche modo condizionata. Ho partecipato a Melbourne alla discussione pubblica dei nostri risultati presentati in dettaglio alla comunità scientifica internazionale nel corso della più importante Conferenza di Fisica delle alte Energie che riuniva i migliori specialisti del mondo. Alla fine del dibattito nessuno ha manifestato dubbi o incertezze. In poche parole: l’abbiamo preso.
* Professore, secondo lei, l’uso dell’espressione “particella di Dio” è in grado di esprimere la natura di questa particella? E da quando e come si è diffuso il termine, soprattutto nel giornalismo scientifico?
– Io personalmente la ritengo una espressione inappropriata. Il bosone di Higgs gioca un ruolo fondamentale nella formazione dell’Universo così come lo conosciamo, ma è una particella materiale, un nuovo stato della materia. Non ha nulla a che vedere con Dio. Credo sia anche irrispettoso verso i credenti chiamarla in questo modo. Il termine è diventato di moda dopo che l’editore del libro che Leon Lederman, premio Nobel per la fisica, voleva intitolare, ” La dannata particella” per sottolineare il fatto che era sfuggita, fino ad allora a tutte le ricerche, decise di cambiare il titolo, per aumentare le vendite, nel più attraente “La particella di Dio”. Da allora, nonostante i nostri sforzi, non siamo più riusciti a liberarcene.
* Ora e dopo aver ottenuto 5 sigma in un esperimento e 5.9 sigma nell’altro cosa ci dobbiamo aspettare?
– Quando due esperimenti osservano un segnale così forte si possono mettere da parte tutti i dubbi. Nuovi dati non faranno altro che confermare la presenza della particella.
* Secondo Lei, a fine quest’anno, quali risultati si potranno raggiungere? Avremo la certezza che si tratta proprio del bosone di Higgs?
– Con i dati che continuiamo a prendere sono certo che saremo in grado non solo di confermare la presenza della nuova particella, ma anche di misurarne alcune delle proprietà più caratteristiche. Il Modello Standard delle interazioni fondamentali prevede in dettaglio e con grande precisione tutte le caratteristiche del bosone di Higgs. La questione aperta oggi è estremamente affascinante: questo bosone di Higgs appena scoperto è esattamente quello previsto dalla teoria o presenta dettagli diversi da quelli ipotizzati? La domanda è molto interessante perché il bosone di Higgs, per il ruolo che svolge nell’attribuire massa alle particelle, è estremamente sensibile ad ogni nuova particella. La più piccola anomalia nelle proprietà di questo bosone potrebbe aprirci una finestra su un mondo di particelle completamente sconosciuto. State sintonizzate su quello che accade al LHC.
* Qualche giorno prima della conferenza del mese di luglio, anche i fisici dell’acceleratore Tevatron hanno annunciato risultati quasi simili a quelli del Cern. Lei come ha valutato quei risultati?
– Francamente i due risultati non sono paragonabili. Dopo che a Dicembre 2011 ATLAS e CMS hanno mostrato le prime evidenze della presenza del bosone di Higgs a 125 GeV, gli esperimenti del Tevatron hanno cominciato ad annunciare che anche loro vedevano qualcosa in quella regione. La sensibilità degli esperimenti americani è molto più bassa e la risoluzione nel decadimento per loro più importante (Higgs che decade in coppie di b-quark) è troppo bassa per sperare di avere risultati competitivi con quelli di LHC. I due esperimenti del Tevatron, combinati insieme, hanno solo mostrato un eccesso di eventi molto largo che copre la regione da 110 a 140GeV. Niente di particolarmente significativo. Semmai una conferma dei risultati del LHC. Devo anche dire che ho trovato francamente un po’ puerile il tentativo di “rubare la scena” al seminario del CERN del 4 luglio organizzando un seminario a Fermilab due giorni prima per annunciare questi risultati.