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I fisici di Bonn hanno creato un super-fotone. Presto laser di nuova generazione

Scritto da Chiara Pane il 25.11.2010
Super fotone - Crediti: (c) Jan Klaers, University of Bonn

Super fotone - Crediti: (c) Jan Klaers, University of Bonn

I fisici dell’Università di Bonn hanno sviluppato una fonte di luce innovativa, chiamata “condensato di Bose-Einstein” composta da fotoni. Fino a poco tempo fa, ciò era considerato impossibile dagli esperti! Questo metodo può essere potenzialmente idoneo alla progettazione di nuove fonti di luce simili ai laser, che funzionano nella gamma dei Raggi X. Fra le altre applicazioni è annoverabile la creazione di chip per computer più potenti. Gli scienziati pubblicheranno la loro scoperta nel prossimo numero della rivista Nature.

Raffreddando gli atomi di rubidio a bassissime temperature e concentrando un numero sufficiente di essi in uno spazio compatto, questi improvvisamente diventano indistinguibili, comportandosi come un’unica enorme “super particella”. I fisici la chiamano condensato di Bose-Einstein.

Per le “particelle di luce”, o fotoni, questo dovrebbe anche funzionare. Purtroppo, questa idea si scontra con un problema fondamentale: quando i fotoni si raffreddano, scompaiono. Fino a pochi mesi fa, sembrava impossibile concentrare la luce fredda. I fisici di Bonn Jan Klars, Julian Schmitt, il Dott. Frank Vewinger, e il Prof. Martin Weitz, tuttavia, sono riusciti a fare proprio questo e il problema “fondamentale” è divenuto una preoccupazione secondaria.

Quanto è calda la luce?
Quando il filamento di tungsteno di una lampadina si riscalda, inizia ad essere incandescente e cambia colore, prima rosso, poi giallo, e infine blu. Così, ad ogni colore della luce può essere assegnata una “temperatura di formazione.” Ad esempio la luce blu è più calda di quella rossa, ma il tungsteno si illumina in modo diverso rispetto al ferro. Per questo motivo i fisici calibrano la temperatura del colore basandosi su un modello di oggetto teorico, chiamato “corpo nero”. Se questo corpo fosse riscaldato a una temperatura di 5.500 gradi centigradi, avrebbe quasi lo stesso colore della luce del sole a mezzogiorno. In altre parole: la luce a mezzogiorno ha una temperatura di 5.500 gradi Celsius o 5.800 Kelvin (la scala Kelvin non conosce i valori negativi, e lo zero assoluto, dato di partenza corrisponde a 273 gradi centigradi, di conseguenza, i valori Kelvin sono sempre 273 gradi in più rispetto ai corrispondenti valori Celsius).

Quando un corpo nero si è raffreddato, a un certo punto i fotoni non verrano più irradiati nel campo del visibile, ma sarano emessi solo fotoni a raggi infrarossi invisibili. Allo stesso tempo, la sua intensità di radiazione si riduce. Il numero di fotoni si riduce quando la temperatura diminuisce. Questo è ciò che rende così difficile ottenere la quantità di fotoni raffreddati che è necessaria affinchè la condensazione di Bose-Einstein possa verificarsi.
E tuttavia, i ricercatori di Bonn ci sono riusciti, utilizzando due specchi altamente riflettenti, fra i quali rimbalzava un fascio di luce avanti e indietro. Tra le superfici riflettenti sono state disciolte molecole di un pigmento con cui i fotoni entravano periodicamente in collisione. “Durante questi scontri”, ha spiegato il professor Weitzi, “le molecole ‘inghiottivano’ i fotoni e poi li ‘sputavano’ fuori di nuovo. In questo processo, i fotoni assumevano la temperatura del fluido ed in questo modo si raffreddavano a vicenda fino a raggiungere temperatura ambiente, senza però perdersi.”

Un condensato fatto di luce
Per aumentare poi la quantità di fotoni tra gli specchi, i fisici di Bonn hanno stimolato la soluzione del pigmento utilizzando un laser. Questo ha permesso loro di concentrare le particelle di luce raffreddate così fortemente da condensarle in un “super-fotone.”
Questo condensato di Bose-Einstein è una sorgente di luce completamente nuova che ha caratteristiche simili ad un laser. Ma rispetto al laser, ha un vantaggio decisivo: “Noi al momento non siamo in grado di produrre un laser che generi onde corte e leggere, vale a dire raggi UV o raggi X”, ha spiegato Jan Klars, “Con un condensato di Bose-Einstein ciò dovrebbe tuttavia essere possibile”.
Questa prospettiva dovrebbe, in primo luogo, essere gradita dai progettisti di chip, che usano la luce laser per l’incisione di circuiti logici nei loro materiali semiconduttori. Fra gli altri fattori, la lunghezza d’onda della luce può limitare il funzionamento di queste strutture. La lunghezza d’onda dei laser è meno adatta ai lavori di precisione rispetto a quelle a breve lunghezza d’onda, è come se si tentasse di firmare una lettera con un grosso pennello.
I raggi X hanno una lunghezza d’onda molto più breve rispetto alla luce visibile. In linea di principio, i laser a raggi X dovrebbero quindi consentire l’incisione di circuiti molto più complessi sulla medesima superficie di silicio. Ciò consentirebbe la creazione di una nuova generazione di chip ad alte prestazioni e, di conseguenza, computer più potenti per gli utenti finali. Il processo potrebbe essere utile anche in altre applicazioni quali la spettroscopia o il fotovoltaico.

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