Gaianews

Simulata in laboratorio l’evoluzione dell’Universo primordiale

Scritto da Annalisa Arci il 09.09.2013

CHICAGO- Un team di ricercatori della Chicago University ha riprodotto in laboratorio uno scenario molto simile a come doveva essere l’Universo pochi istanti dopo il Big Bang. Gli scienziati ritengono di aver simulato l’evoluzione della struttura dell’universo primordiale. Cheng Chin, professore di fisica a Chicago è anche il primo autore dell’articolo che si intitola From Cosmology to Cold Atoms: Observation of Sakharov Oscillations in a Quenched Atomic Superfluid, pubblicato su Science Express e su Science all’inizio di agosto. Cheng Chin ha coordinato la ricerca insieme a Chen-Lung Hung, del Caltech, e a Victor Gurarie dell’Università del Colorado. 

Come si è evoluto l’Universo nei suoi primi istanti? Per rispondere alla domanda è fondamentale iniziare da quello che sappiamo dalla radiazione cosmica di fondo, ossia dall’eco rimasta nell’era poco dopo il Big Bang, risalente ad appena 380.000 anni dopo l’inizio della sua espansione, epoca in cui l’Universo cominciò ad essere trasparente alla radiazione (in precedenza, il plasma di cui era pervaso impediva la formazione di atomi stabili). Questa radiazione, distribuita nell’universo in maniera omogenea, è infatti presente a partire dalla nascita dei primi atomi. Fino ad oggi abbiamo raccolto mappe dettagliate di questa radiazione grazie a svariate sonde spaziali: la WMAP e la Planck, che hanno fornito dati che sono ora alla base della cosmologia e l’astrofisica in generale.

Cheng Chin dietro lo strumento usato per osservare il comportamento di atomi ultrafreddi nel vuoto. (Crediti: Jason Smith).

Sulla base dei dati raccolti grazie a questi strumenti, gli scienziati hanno scoperto che sotto certe particolari condizioni una nube di atomi raffreddata fino ad appena 1 miliardesimo di grado sopra lo zero assoluto (-273,15°C), una volta riposti in una camera a vuoto, sono in grado di riprodurre alcuni fenomeni che si sono susseguiti dopo il Big Bang. “A questa temperatura ultrafredda gli atomi si eccitano collettivamente. Si comportano come se fossero onde sonore nell’aria”, ha precisato Hung. La materia densa e la radiazione presente nell’universo primordiale generavano insieme eccitazioni a onde sonore molto simili al pattern realizzato in laboratorio, risultato che sembra confermato anche da esperimenti già condotti come COBE, WMAP e Planck.

La generazione sincronizzata di onde sonore è correlata con l’ipotesi dei cosmologi concernente l’inflazione dell’Universo primordiale: “l’inflazione ha stabilità le condizioni iniziali perché l’universo primordiale crei onde sonore simili nel fluido cosmico fatto di materia e radiazione”, ha precisato Hung.  L’improvvisa espansione dell’universo durante l’inflazione ha portato alla creazione di pieghe o increspature nello spaziotempo che rappresentano una discontinuità all’interno di questa eco rimasta dal Big Bang. Le “onde sonore” create hanno poi iniziato ad interferire tra loro generando complessi scenari: questa è, secondo i ricercatori, l’origine della complessità che vediamo osservando l’Universo.

Queste eccitazioni sono note come Oscillazioni Acustiche di Sakharov, così chiamate in onore al fisico russo Andrei Sakharov, che ha descritto il fenomeno negli anni ’60. Lo stato esotico della materia, un superfluido atomico bidimensionale, generato a seguito del raffreddamento della nube di circa 10.000 atomi di cesio, ha prodotto queste oscillazioni che agiscono sulla forza con cui gli atomi interagiscono in questa nube. Osservando questo esperimento è stato possibile confermare la possibilità di creare oscillazioni di Sakharov rendendo le interazioni più forti o più deboli. L’universo simulato nel laboratorio di Chin misura non più di 70 micron in diametro (circa quanto il diametro di un capello umano). “Lo stesso tipo di fisica si può applicare anche su scale molto più grandi” spiega Chin. “Questa è la potenza concettuale della fisica”.

L’obbiettivo è ovviamente comprendere l’evoluzione dell’Universo primordiale, pochi istanti dopo il Big Bang, un Universo che versava in condizioni ben diverse da quelle a cui siamo abituati oggi. Per questo motivo quello che conta non è la grandezza assoluta dell’universo simulato o reale, ma il rapporto con la scala delle lunghezze che governa la fisica dietro le oscillazioni di Sakharov. “Qui stiamo spingendo l’analogia fino al limite consentito”, chiosa Chin. “L’intero universo ci ha impiegato circa 380.000 ani per evolversi nello spettro della radiazione cosmica di fondo che vediamo oggi nel cielo. I fisici però sono riusciti a riprodurre lo stesso pattern nell’arco di 10 millisecondi circa. Questo dimostra che la simulazione basata su atomi ultrafreddi può essere uno strumento estremamente potente”. 

Hung ha fatto riportato l’attenzione anche su un altro punto: le oscillazioni di Sakharov sono un eccellente strumento per sondare le proprietà del fluido cosmico che permeava l’Universo primordiale. “Stiamo guardando ad un superfluido bidimensionale, che già di suo è un oggetto molto interessante. Abbiamo però in mente di usare le oscillazioni di Sakharov per studiare le proprietà di questo superfluido a differenti condizioni iniziali per vedere cosa cambia ed ottenere più informazioni”.

Osservando i dati delle attuali mappe della radiazione cosmica di fondo, non si può dedurre molto su cosa accadeva prima di quel momento, ma grazie a simulazioni di questo tipo si può osservare quale delle tante possibili condizioni iniziali potrebbe aver portato ad un Universo simile al nostro. Se poi si aggiunge la possibilità di simulare dinamiche più recenti – la formazione delle galassie, di buchi neri o di tanti altri fenomeni estremi presenti in natura – non si può negare la bontà del metodo scientifico utilizzato. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA