Un nuovo studio dell’Università di Edimburgo dimostra che i cambiamenti climatici sulla Terra non sono causati da una attività solare più intensa. I risultati ottenuti capovolgono la visione scientifica corrente, secondo la quale i lunghi periodi del passato, sia quelli più caldi che quelli più freddi, potrebbero essere messi in relazione con fluttuazioni periodiche dell’attività solare.
Flare solari sul Sole. Le variazioni di calore probabilmente non sono poi così influenti sui cambiamenti climatici terrestri. (crediti: NASA/ SDO / AIA)
La ricerca, esaminando le cause dei cambiamenti climatici nell’emisfero settentrionale nel corso dell’ultimo millennio, ha dimostrato che fino al 1800 la causa principale dei cambiamenti periodici del clima erano le eruzioni vulcaniche, che hanno impedito alla luce del Sole di raggiungere la Terra, provocando il verificarsi di climi freddi e aridi.
Dal 1900 in avanti, invece, la responsabilità principale dei cambiamenti climatici sarebbe da imputarsi quasi esclusivamente ai gas serra.
I risultati conseguiti mostrano che i periodi di bassa attività solare hanno ben poco a che fare con le temperature terrestri.
Lo studio è stato condotto utilizzando le registrazioni di temperature del passato ricostruite dai dati ricavati dagli anelli di accrescimento delle piante e da altre fonti storiche.
Gli scienziati hanno confrontato questo insieme di dati con modelli computerizzati dei climi passati, relazionandoli con i cambiamenti dell’attività solare, sia quelli di una certa entità che quelli più modesti.
E’ stato così scoperto che i modelli in cui si verificavano deboli cambiamenti nel Sole meglio si accordavano con le temperature relative, indicando che, nel passato millennio, l’attività solare ha avuto un impatto minimo sulle temperature del pianeta.
Ci viene da obiettare che i climatologi sanno benissimo che, per quanto riguarda l’emisfero boreale, oggi i periodi di bassa attività solare sono accompagnati da un anticiclone stazionante sull’Europa centro-settentrionale, sul cui bordo meridionale affluiscono correnti gelide da Nord-Est verso Sud-Ovest, recanti masse di aria fredda che abbassa le temperature.
Sappiamo anche che una scarsa attività solare blocca le “jet streams”, i fiumi d’aria che scorrono nella stratosfera, a 7-12 km di quota, a velocità comprese tra i 150 e i 300 Km orari, da Ovest verso Est.
Ogni emisfero ha due correnti, una che scorre alle alte latitudini ed una, meno intensa, subequatoriale. Quando, nel nostro emisfero, quest’ultima viene “bloccata”, sull’Europa giungono i venti freddi dell’Est.
Il blocco della corrente a getto è provocato dalla quantità di radiazione ultravioletta proveniente dal Sole che la riscalda, trasformando, mediante i raggi ultravioletti, l’Ossigeno biatomico in Ozono (Ossigeno triatomico), una reazione esotermica che, sviluppando calore, scalda la corrente a getto.
Come conseguenza, i venti caldi occidentali non arrivano più sull’Europa, lasciando il posto all’afflusso di aria fredda dall’Artico e dalla Siberia.
Come escludere, allora, un legame clima – attività solare anche per il passato?
“Una bassa attività solare è stata collegata al raffreddamento durante la piccola éra glaciale”, scrive su Nature Geoscience Andrew Schurer, della Scuola di Geoscienze presso l’Università di Edimburgo, autore principale della ricerca. “E possiamo anche ammettere un aumento di attività solare durante la cosiddetta ‘Anomalia del Clima Medievale’, il periodo di clima più caldo. Ma l’ampiezza dei cambiamenti associati è tuttavia difficilmente collegabile all’attività solare”.
“Finora l’influenza del Sole sul clima del passato è stata poco compresa”, ribadisce lo studioso. “Speriamo che le nostre scoperte contribuiscano a migliorare la comprensione sulle modalità con cui le temperature terrestri sono cambiate nel corso dei secoli passati, confidando di migliorare le previsioni sull’andamento futuro. I legami tra il Sole e gli anomali inverni freddi del Regno Unito, tuttavia, sono tuttora in fase di studio”.