Due diversi campi di dune su Titano: Belet e Fensal, come fotografato dal radar di Cassini. La foto mostra anche due campi di dune simili sulla Terra presso Rub Al Khali, in Arabia Saudita. Fensal si trova ad maggiori latitudine e altitudine rispetto a Belet e mostra chiaramente dune più sottili con zone più chiare e più ampie in mezzo, suggerendo che il materiale della duna è meno abbondante in questa regione. Crediti: NASA / JPL-Caltech / ASI / ESA e USGS / ESA
Grazie ai dati della missione Cassini della NASA, in collaborazione con la European Space Agency e l’Italian Space Agency, è stato possibile accertare delle variazioni regionali tra le dune di sabbia su Titano, il satellite di Saturno. Il risultato fornisce nuovi indizi sulla storia climatica e geologica del satellite.
Le dune sono piuttosto comuni su Titano, e riescono quindi a offrire un osservatorio privilegiato per sondare l’ambiente del satellite. Le dune che coprono il 13% della sua superficie, si estendono per oltre 10 milioni di km quadrati (un’area corrispondente più o meno a quella degli Stati Uniti).
Sebbene almeno nella forma paragonabili a quelle lineari della Namibia o della Penisola Araba, le dune di Titano sono giganti rispetto ai nostri standard. Le loro dimensioni variano lungo la superficie del satellite, ma sono in media larghe 1 o 2 chilometri, lunghe centinaia di chilometri e alte circa 100 metri. Inoltre, gli scienziati pensano che la sabbia sul satellite non sia composta di silicati, come sulla Terra, ma di composti solidi del carbonio come gli idrocarburi, che precipitando dall’atmosfera si aggregano, secondo un processo ancora sconosciuto, in granelli di dimensioni millimetriche.
Utilizzando i dati della navicella Cassini, Alice Le Gall del NASA’s Jet Propulsion Laboratory, Pasadena, e i suoi collaboratori hanno scoperto che le dimensioni delle dune di Titano sono determinate da almeno due fattori geografici: l’altitudine e la latitudine.
Per quanto riguarda l’altitudine, le dune più alte tendono ad essere più strette, maggiormente separate tra loro, e con una copertura sabbiosa più sottile, come se ci fosse più disponibilità di sabbia nelle pianure di Titano rispetto che ad alta quota.
In termini di latitudine, le dune su Titano sono confinate nella regione equatoriale, un’area compresa tra i 30 gradi sud e i 30 gradi nord; ebbene le dune a nord tendono ad essere meno voluminose di quelle meridionali, probabilmente a causa dell’ellitticità dell’orbita di Saturno.
Le stagioni sul satellite Titano dipendono dall’orbita percorsa da Saturno intorno al Sole, e poiché il pianeta impiega 30 anni per completarla, ogni stagione su Titano dura circa sette anni. La natura leggermente ellittica dell’orbita di Saturno si traduce con una asimmetria nelle stagioni, per cui nell’emisfero meridionale le estati sono più breve e intense. Probabilmente quindi le regioni meridionali sono meno umide e di conseguenza i granelli di sabbia, essendo asciutti, vengono trasportati dal vento e formano dune con maggiore facilità.
“Capire come funziona la formazione delle dune, spiegarne le dimensioni, la forma e la loro distribuzione sulla superficie di Titano è fondamentale per capire il clima e la geologia del satellite” sostiene Nicolas Altobelli, scienziato del progetto ESA Cassini-Huygens. “In particolare, il loro materiale –idrocarburi- ci fornisce indizi importanti sul ciclo metano/etano su Titano, in parte paragonabile al ciclo dell’acqua sulla Terra”.
Titano è l’unico satellite naturale del sistema solare a possedere un’atmosfera consistente. In base allee osservazioni condotte da distanza ravvicinata da parte del Voyager hanno permesso di determinare che l’atmosfera titaniana è più densa di quella terrestre, con una pressione alla superficie di circa il 50% maggiore, e le sue imponenti formazioni nuvolose rendono impossibile l’osservazione diretta della superficie. Su Titano è in atto un effetto serra che, contrariamente a quello della Terra o di Venere, che consentono un riscaldamento della superficie grazie alla CO2, aumenta l’albedo del satellite e riflette la luce incidente nello spazio, e questo ne diminuisce la temperatura superficiale.
L’atmosfera si compone al 98,4% di azoto, all’1,4% di metano, ma sono presenti tracce di numerosi altri gas.