I ricercatori delle Università spagnole di Granada e di Santiago di Compostela, assieme a colleghi dell’Università di Reading, Regno Unito, hanno studiato resti scheletrici umani provenienti dalla Cova do Santo, una sepoltura collettiva rinvenuta in una grotta della Galizia, nel Nord-ovest della Spagna.
Il sito è ubicato nella valle del fiume Sil, nella provincia di Ourense, e i resti riportati alla luce hanno rivelato, inaspettatamente, una dieta composta in massima parte da vegetali, con poca carne e pesce.
E’ una scoperta che offre nuovi spunti sul modo di alimentarsi degli uomini dell’Età del Bronzo in Spagna, aprendo inoltre interessanti scenari sui tempi di arrivo di nuove colture, dopo l’orzo e il grano, nella penisola Iberica.
La grotta ha prodotto i resti di almeno14 individui di entrambi i sessi, alcuni in età infantile.
Date le condizioni di instabilità della cavità contenente la sepoltura, gli studiosi hanno potuto rimanere all’interno soltanto poche ore, riuscendo comunque a recuperare i resti che giacevano sul pavimento della grotta.
Le analisi degli isotopi stabili del collagene osseo (carbonio e azoto) che sono seguite, hanno rivelato che gli occupanti della Cova do Santo erano appartenuti alla media Età del Bronzo (1890-1600 a.C.) e hanno fornito la prova di un’alimentazione seguita con una dieta molto omogenea a base vegetale, con un limitato consumo di carne e di pesce, nonostante la vicinanza del fiume Sil.
“Al riguardo, non si sono riscontrate differenze significative tra gli individui”, commenta Olalla Lòpez-Costas, autore principale dello studio. “L’accesso alle risorse alimentari esistenti all’epoca è stato sicuramente lo stesso per tutti, senza distinzione di sesso o di età”.
Quest’ultimo punto – le età degli individui – è stato particolarmente interessante, dato che non sono stati trovati individui di età maggiore di 40 anni al momento della morte e contrasta con l’elevata prevalenza di malattie articolari degenerative delle ossa, che sarebbe stato più logico trovare in una popolazione più vecchia.
Complessivamente, i dati definirebbero quindi una popolazione che non praticava le cosiddette ‘colture primaverile e estive’, quali il miglio, per esempio, che in quel periodo si deduce quindi fosse ancora sconosciuto.
Non sono stati infatti individuati segni del consumo di miglio e quindi si può dare per certo che questo cereale non facesse parte della dieta dell’uomo dell’Età del Bronzo nel Nord-ovest della Penisola Iberica.
Il miglio è un rappresentante tipico delle colture estive o primaverili perché, secondo gli studiosi, “dà un alto rendimento in poco tempo e questo potrebbe aver portato le popolazioni verso una certa sedentarietà, mentre l’eccesso di produzione potrebbe aver contribuito allo sviluppo di una gerarchia sociale”.
Da quanto risultato, si può comprendere quanto sia stato importante l’inizio della coltivazione di questo cereale, anche per l’evoluzione sociale di un gruppo umano.
Tuttavia, nonostante le ricerche, è ancora difficile dire in quale periodo il miglio sia stato introdotto e inserito per la prima volta come alimento nella dieta delle popolazioni iberiche.
Fino a qualche tempo fa, si riteneva che si potesse indicare la parte finale dell’Età del Bronzo, ma pare che recenti scoperte di semi in altri siti archeologici possano indirizzare verso un’epoca precedente.
Grotte sepolcrali preistoriche sono abbastanza comuni nella Penisola iberica settentrionale e occidentale e tuttavia, studi simili a quello descritto, finora ne sono stati condotti veramente pochi.
In termini di numero di individui, questo appare essere il più grande sito preistorico del Nord-ovest della Penisola e la relativamente buona conservazione delle ossa è una opportunità unica per studiare la vita quotidiana nel Nord-est Iberico durante l’Età del Bronzo.