Intorno ai 14500 anni fa la popolazione preistorica europea si è quasi completamente rinnovata.
E’ questa la conclusione cui sono giunti alcuni studiosi, dopo le analisi genetiche condotte su resti di individui scoperti in varie località d’Europa e che vissero dal tardo Pleistocene al primo Olocene, in un arco di tempo di circa 30mila anni.
Le analisi suggerirebbero che si possa essere giunti ad una completa sostituzione della popolazione europea intorno ai 14500 anni fa, durante un periodo di grave instabilità climatica.
L’attenta ricerca è stata condotta da un team di ricerca internazionale guidato da Cosimo Posth, dell’Università di Tubinga, in Germania, che ha ricostruito i genomi mitocondriali di 35 cacciatori-raccoglitori vissuti tra i 35mila e i 7mila anni fa nel territorio che oggi comprende Italia, Germania, Belgio, Francia, Repubblica Ceca e Romania.
I risultati di questa ricerca sono stati pubblicati sulla rivista Current Biology di inizio febbraio.
“Abbiamo gettato una luce su un capitolo della storia umana sconosciuto, che riguarda l’ultimo periodo di massimo glaciale”, afferma Johannes Krause, co-autore dello studio.
I ricercatori hanno esaminato il DNA mitocondriale, il materiale genetico che è situato negli organelli cellulari chiamati mitocondri, che vengono ereditati per via materna e che possono essere usati per dedurre i modelli di ascendenza materni attraverso l’individuazione degli aplogruppi, le famiglie delle varianti genetiche rilevabili sui differenti cromosomi.
I nuovi dati mostrano che il DNA mitocondriale di tre individui che allora vivevano nel territorio occupato attualmente da Belgio e Francia prima del periodo freddo dell’ultima glaciazione, ossia a ridosso dell’ultimo massimo glaciale, apparteneva all’aplogruppo M.
La scoperta ha stupito non poco i ricercatori, in quanto l’aplogruppo M è, di fatto, assente nelle popolazioni europee moderne, mentre è estremamente comune nelle attuali popolazioni asiatiche, nell’Australasia e nei nativi americani.
In precedenza, l’assenza in Europa dell’aplogruppo M e la sua presenza in altre parti del mondo aveva portato gli studiosi della materia a concludere che gruppi umani di individui non africani si fossero diffusi in Eurasia e Australasia in diverse ondate migratorie.
Alla luce di quanto è ora emerso, i ricercatori sono propensi a ritenere che la scoperta dell’aplogruppo M in un antico ramo filogenetico materno della preistoria europea suggerisce che tutti i non africani abbiano avuto una comune origine da un’unica popolazione intorno ai 50mila anni fa.
Solamente in una fase successiva, secondo gli studiosi, l’aplogruppo M è apparentemente scomparso dall’Europa.
“Quando, circa 25mila anni fa, iniziò l’ultimo massimo glaciale, le popolazioni di cacciatori-raccoglitori si ritirarono nella parte meridionale del continente, cercando riparo dal freddo in alcuni siti sparsi un po’ovunque, determinando la formazione di un ‘collo di bottiglia genetico’ che portò probabilmente alla perdita di questo aplogruppo”, spiega Posth.
I ricercatori affermano che la loro più grande sorpresa, tuttavia, è stata la prova di un completo rinnovamento della popolazione in Europa intorno ai 14500 anni fa, quando il clima cominciò ad evolvere nuovamente verso il caldo.
“Il nostro modello ipotizza che durante questo periodo di sconvolgimento climatico, i discendenti dei cacciatori-raccoglitori che sopravvissero all’ultima Era glaciale siano stati sostituiti da una popolazione di origine diversa”, sostiene Adam Powell, dell’Istituto Max Planck per la Scienza della storia umana, nonché altro autore senior della ricerca.
Gli studiosi sostengono che il passo successivo è quello di ricostruire un quadro più completo possibile del passato, con l’analisi dei genomi completi di questi antichi individui su ulteriori esemplari che rappresentino più tempi e più luoghi.