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La grande estinzione del Cretaceo non risparmiò le specie del Sud del mondo

Scritto da Leonardo Debbia il 07.06.2016

Uno studio condotto su più di 6000 fossili marini dell’Antartico mostra che l’evento di estinzione di massa che uccise i dinosauri fu improvviso e determinante anche per la scomparsa di molte forme di vita dalle regioni polari.

Finora, gli scienziati avevano sempre ritenuto che le specie che popolavano le regioni del Sud del mondo si fossero trovate in una posizione più sicura durante l’evento che segnò la fine di molte specie un po’ ovunque, sulla Terra.

antartide

La ricerca, i cui risultati sono stati resi noti solo nei giorni scorsi dalla rivista Nature Communications, è durata sei anni, durante i quali un team internazionale di ricercatori dell’Università di Leeds e del British Antarctic Survey ha riportato alla luce e identificato a Seymour Island, nella Penisola Antartica, circa 6000 fossili marini di età compresa tra i 69 e i 65 milioni di anni.

Si tratta di una delle più grandi raccolte di fossili marini di quel periodo e comprende una vasta gamma di specie, che varia dai piccoli gasteropodi e dai molluschi che vivevano sul fondo del mare alle grandi e insolite creature che nuotavano in acque vicine alla superficie, tra le quali è stato possibile includere l’ammonite Diplomoceras, un lontano antenato degli attuali polpi e calamari, provvisto di un guscio a forma di conchiglia delle dimensioni di 2 metri, e i giganteschi rettili marini simili al Mosasaurus di ‘Jurassic Park’.

Con i fossili marini distinti per età, la raccolta rappresenta una drastica riduzione del 65-70 per cento delle specie viventi in Antartide 66 milioni di anni fa e perfettamente coincidente con il momento in cui i dinosauri e molti altri gruppi di organismi si estinsero alla fine del Cretaceo.

“La nostra ricerca mostra che in Antartide, fino ad un certo momento, tutto è andato per il meglio, con una comunità marina fiorente e diversificata”, commenta James Witts, ricercatore dell’Università di Leeds e autore principale dello studio. “Poi, all’improvviso, a seguito di un rapido evento catastrofico verificatosi sulla Terra, tutto è cambiato, quasi da un giorno all’altro”.

“Questo sterminio, documentato dai fossili, è la prova più chiara che depone a favore della caduta di un asteroide e delle conseguenze che ne sono seguite, piuttosto che le altre ipotesi formulate, quali un lento deterioramento delle condizioni climatiche o un aumentato vulcanismo, che avrebbe dovuto interessare, peraltro, l’intero pianeta”.

Lo studio è il primo a suggerire che nelle regioni polari l’evento di estinzione di massa è stato altrettanto rapido e grave come nelle altre parti del mondo interessate.

Finora, gli scienziati avevano ritenuto che gli organismi viventi in prossimità delle regioni polari sarebbero stati abbastanza lontani dalla causa dell’estinzione, sia che si fosse ipotizzata come conseguente alla caduta di un asteroide nel Golfo del Messico, dove un gigantesco cratere da impatto è visibile ancor oggi, sia che si ritenesse correlata al vulcanismo estremo che aveva caratterizzato la provincia del Deccan, in India.

Secondo gli studiosi, poi, quando si fosse anche accettata l’ipotesi dell’impatto con l’asteroide, si doveva ammettere che gli organismi delle zone polari non avrebbero risentito che minimamente delle possibili variazioni climatiche, essendo più resistenti alle variazioni in virtù della loro abitudine agli ambienti estremi come quelli polari.

James Witts conclude: “La maggior parte dei fossili si forma in ambienti marini dove è più facile che le ossa e i gusci vengano seppelliti piuttosto rapidamente dai sedimenti e possano così essere agevolmente conservati. Per i dinosauri o altri organismi terrestri la fossilizzazione è un fatto eccezionale, che richiede una serie di eventi favorevoli, come la caduta dei corpi in acque stagnanti e il rapido accumulo di sedimenti che possa inglobarli per evitare la decomposizione. Questo significa che i fossili marini sono molto più abbondanti e dal loro studio si possono dedurre quindi molti più dati sui cambiamenti degli ecosistemi e della biodiversità dei tempi geologici passati; e, non ultime, si possono ottenere informazioni molto più probanti sugli eventi accaduti durante periodi di repentini cambiamenti ambientali, come le estinzioni di massa”.

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