Che i Neanderthal non fossero dei bruti primitivi e privi di sensibilità è un fatto ormai consolidato. Che la loro sensibilità si spingesse ad espressioni artistiche quali una sorta di primitivi ‘graffiti’, anche se poteva essere intuito, non era ancora stato assodato da alcuna prova certa.
Ora, il primo esempio di una incisione su roccia attribuita a uomini di Neanderthal è stato scoperto nella grotta di Gorham, Gibilterra, da un team internazionale che ha visto riuniti studiosi della preistoria del Laboratorio Francese ‘De la Préhistoire à l’Actuel: Culture, Environnement et Anthropology (PACEA – CNRS/Università di Bordeaux / Ministero della Cultura e della Comunicazione) e ricercatori provenienti dal Regno Unito e dalla Spagna.
Incisione della parete rocciosa nella Gorham Cave, Gibilterra (Crediti: Stewart Finlayson)
L’incisione, datata oltre 39mila anni, si compone di un tratteggio incrociato scavato ben in profondità nella roccia.
L’analisi mette in discussione quanto finora ritenuto sulla produzione di rappresentazioni figurative e astratte sulle pareti delle caverne e cioè il fatto che si trattasse di una innovazione culturale introdotta in Europa dagli esseri umani moderni.
Al contrario, i risultati della scoperta, pubblicati negli Atti della National Academy of Sciences, supportano l’ipotesi che i Neanderthal avessero sviluppato una cultura materiale simbolica.
La produzione di rappresentazioni figurative e astratte sulle pareti delle caverne è vista come una tappa fondamentale nello sviluppo delle culture umane e fino ad ora, questa innovazione culturale era stata considerata come una caratteristica precipua degli esseri umani moderni che colonizzarono l’Europa attorno ai 40mila anni fa.
Questa capacità di ritrarre immagini è anche stata spesso usata per ipotizzare che esistevano marcate differenze cognitive tra gli esseri umani moderni e i Neanderthal che li hanno preceduti, che non sarebbero stati in grado – secondo gli studiosi – di esprimersi in questo modo.
La recente scoperta cambia completamente questo punto di vista.
L’incisione, come detto sopra, si compone di un tratteggio, che spicca sulla roccia della parete e che al momento della scoperta si presentava ricoperto da uno strato di sedimenti che, alla datazione con il metodo del radiocarbonio, hanno rivelato un’età sui 39mila anni.
Dal momento che l’incisione è sottostante ai sedimenti, è da considerarsi palesemente più antica.
Questa datazione, insieme alla presenza di strumenti caratteristici del Musteriano – la cultura litica corrispondente ai Neanderthal durante il Paleolitico medio, tra 300mila e 39mila anni fa) – nei sedimenti che ricoprono l’incisione, è la prova che l’autore è sicuramente appartenuto ai Neanderthal, che in quell’epoca popolavano ancora il sud della penisola iberica.
I ricercatori hanno intrapreso un’analisi microscopica dell’incisione, ne hanno prodotto una ricostruzione tridimensionale e realizzato uno studio sperimentale, che ha confermato la sua origine umana.
Lo studio ha anche mostrato che le linee incise non sono il risultato di attività manuali di uso comune, quali il taglio della carne o delle pelli, ma piuttosto di un lavoro eseguito deliberatamente, passando un utensile in pietra robusto e appuntito nella roccia per intagliare scanalature profonde.
Le linee risultano sapientemente scolpite e i ricercatori hanno calcolato che siano occorsi tra 188 e 317 colpi di questo strumento di incisione perché fosse ottenuto questo risultato.
La scoperta supporta l’opinione che l’espressione grafica non fosse un’esclusiva degli esseri umani moderni e che alcune culture Neanderthal abbiano prodotto incisioni astratte per marcare il loro spazio vitale.