Riparare un difetto nel cuore di un paziente senza intervento chirurgico, rimuovere le ostruzioni nelle arterie, monitorare il flusso sanguigno dall’interno attraverso microscopiche telecamere. La nanotecnologia sta finora deludendo queste ed altre fantascientifiche promesse fatte in passato. Ma ci sono anche molti passi in avanti che lasciano ben sperare.
Il fisico Richard Feynman, nel suo famoso discorso del 1959 “Plenty of Room at the Bottom”, traducibile come “C’è un sacco di spazio alla base”, ossia nell’infinitamente piccolo, ha descritto come dovrebbe essere il controllo a livello atomico dalle macchine molecolari del futuro. Più di 50 anni più tardi, gli interruttori molecolari sintetici sono ormai una dozzina, ma le macchine molecolari sintetiche sono poche.
I chimici della Northwestern University hanno recentemente collaborato con un fisico dell’Università del Maine per approfondire la questione: “Le macchine molecolari artificiali possono mantenere le loro promesse?”. Le loro analisi provocatorie offrono un percorso che delinea le sfide future che devono essere affrontate prima che si possa realizzare la promessa della creazione di una macchina molecolare artificiale.
Ci si potrebbe chiedere, qual è la differenza tra un interruttore e una macchina a livello di molecole? Tutto si riduce in come la molecola lavora.
“Un’analogia semplicistica di un interruttore molecolare artificiale è il pistone in un motore di un’automobile, quando è al minimo”, spiega Ali Coskun, autore principale dello studio. “Il pistone va continuamente su e giù, ma la macchina non va da nessuna parte. Fino a quando i pistoni non sono collegati ad un albero motore che, a sua volta, fa girare le ruote della vettura, la commutazione dei pistoni spreca solo energia senza fare un lavoro utile.”
Astumian sottolinea che questa analogia è solo un modo per farci comprendere le macchine molecolari. “Tutte le macchine su scala nanometrica sono soggette a continue interazioni con le altre molecole nel loro ambiente, dando luogo a quello che viene chiamato ‘rumore termico'”, spiega. “I tentativi di mimare approcci macroscopici per ottenere macchine controllate con precisione e riducendo al minimo gli effetti del rumore termico non hanno avuto particolare successo”.
Gli scienziati attualmente sono concentrati su un processo chimico in cui viene sfruttato il rumore termico per scopi costruttivi. L’attivazione termica è quasi certamente al centro dei meccanismi con cui le macchine biomolecolari nelle nostre cellule svolgono i compiti essenziali del metabolismo. “In una scala nanometrica di singole molecole, lo sfruttamento dell’energia è possibile se si riesce ad evitare che il movimento all’indietro utilizi la stessa quantità di energia di quello in avanti”, dice Astumian.
Al fine di mantenere le grandi aspettative che la nanotecnologia aveva scatenato, le macchine molecolari artificiali dovrebbero poter lavorare su tutte le scale. Un interruttore molecolare interfacciato al suo ambiente può fare un lavoro utile solo sulla propria scala dimensionale, magari assemblando piccole molecole in prodotti chimici più complessi. Ma se volessimo invece far fare loro operazioni più complesse che ci servono nel mondo macroscopico?
Per raggiungere questo obiettivo, “vi è la necessità di organizzare gli interruttori molecolari spazialmente e temporalmente, proprio come in natura”, spiega Stoddart. Egli suggerisce che “un tool di strumenti composti da metalli e composti organici potrebbe essere la chiave per vincere questa sfida.”
Quello che è veramente incoraggiante è la notevole efficienza di conversione energetica delle macchine molecolari artificiali per svolgere un lavoro utile, che può arrivare ad oltre il 75 per cento. Questa efficienza è altissima rispetto al rendimento dei motori tipici delle automobili, che convertono solo il 20 – 30 per cento della energia chimica della benzina in lavoro meccanico, o anche dei motori diesel, che hanno un’efficienza di meno del 50 per cento.
“Il motivo di questa alta efficienza è che l’energia chimica può essere convertita direttamente in lavoro meccanico, senza dover essere prima convertita in calore”, spiega Grzybowski. “I possibili usi delle macchine molecolari artificiali sollevano molte aspettative; basti pensare che la prima persona che ha creato un braccio robotico su scala nanometrica, che mostra un preciso controllo della posizione su scala nanometrica, ha vinto l’ambito Premio Feynman 2009 pari a 250.000 dollari.”