I batteri esposti agli antibiotici per lunghi periodi imparano come resistere ai farmaci – scacciandoli dalle loro cellule, per esempio, o modificando i composti in modo che perdano la loro tossicità.
Una nuova ricerca ha scoperto un altro possibile meccanismo di resistenza agli antibiotici nel suolo: si tratta di un batterio del suolo che rompe un antibiotico veterinario comune, la sulfametazina, e lo usa per la sua crescita. Ed Topp un micriobiologo di Agriculture and Agri-Food Canada, in Ontario, primo autore dello studio, ha spiegato che è già noto che alcuni i batteri del suolo mangiano pesticidi agricoli ed erbicidi. Ma secondo Topp questo è il primo micro organismo che sia si difende dall’antibiotico sia lo usa per nutrirsi.
“Penso che sia una specie di punto di svolta nei termini di come pensiamo il nostro ambiente e la resistenza agli antibiotici,” ha spiegato.
Le preoccupazioni circa la diffusa resistenza agli antibiotici è ciò che ha portato Topp e i suoi collaboratori ad impostare un esperimento 14 anni fa, in cui ogni anno sono state dosate nei terreni concentrazioni di rilevanza ambientale di tre antibiotici veterinari: sulfametazina, tilosina e clortetraciclina. Comunemente si ritiene che gli antibiotici mantengano sani gli animali.
I ricercatori hanno prima voluto indagare se l’operazione di riutilizzare il letame prodotto dagli animali aumentasse la resistenza dei batteri e inoltre hanno confrontato la persistenza dei farmaci negli appezzamenti di terreno che era stato ripetutamente trattati, rispetto ai terreni in cui gli antibiotici non erano mai stati applicati.
Così i ricercatori hanno scoperto che la sulfametazina scompare dai terreni trattati 5 volte più velocemente che dai terreni non trattati.
I ricercatori hanno poi individuato due nuovi microrganismi in grado di degradare gli antibiotici a base di sulfametazina.
Nel loro insieme, i risultati suggeriscono che la capacità di abbattere sulfonamidi potrebbe essere diffusa. E se è vero che la resistenza agli antibiotici aumenta questo potrebbe effettivamente ridurre la quantità di tempo che l’ambiente è esposto a questi farmaci e quindi forse attenuare gli impatti, secondo Topp
Non che gli impatti negativi non siano ancora in corso, avverte. In particolare, l’esposizione a lungo termine agli antibiotici crea una pressione significativa sui batteri del suolo a sviluppare una resistenza, modificando i propri geni per poter tenere lontano gli antibiotici o renderli non tossici.
Ciò che la nuova ricerca suggerisce, però, ed è una novità, è che le mutazioni dei batteri potrebbero portarli a distruggere l’antibiotico, cioè a farlo scomparire.
“La mia ipotesi è che è probabilmente questo che sta accadendo, ma bisogna accertarlo” ha concluso Topp “Certamente è estremamente affascinante.”