Un recente studio comparso sul Bulletin of the Seismological Society of America (BSSA) ha di nuovo riportato l’attenzione sulla pericolosità sismica che incombe da sempre sulla California – principalmente a ridosso della faglia di Sant’Andrea ma non solo -, già ampiamente manifestatasi nei secoli passati e che sembra ‘prossima’ a mostrare nuovamente i suoi effetti.
Prossima? Beh! I tempi – come è ormai noto – non sono prevedibili. Certo è che ‘la spada di Damocle’ del famigerato ‘Big One’, come è stato chiamato il catastrofico futuro terremoto, è tuttora sospesa, pronta a cadere.
La zona più estesa (e anche la più conosciuta) è la faglia di Sant’Andrea, la lunga ferita che corre per 1300 chilometri lungo la penisola californiana. Ma esistono altre quattro faglie, collegate alla principale (le faglie di Hayward, del Rodgers Creek, della Green Valley e di Calaveras), quattro segmenti della faglia principale che interessano l’area urbana della baia di S.Francisco.
Foto a sinistra: affioramento superficiale della faglia di Sant’Andrea nella California centrale. Foto a destra: schematizzazione della faglia, che delimita due placche continentali, l’americana e l’atlantica (fonte: Wikipedia)
La zona è costantemente monitorata, sia dai satelliti che a mezzo sismografi posizionati a terra, che registrano tutti i piccolissimi movimenti, dell’ordine di millimetri all’anno, che provocano comunque crepe sulle costruzioni e sulle strade in superficie ma che non vengono ovviamente avvertiti dalla popolazione.
I dati vengono rielaborati con modelli matematici, tenendo altresì conto dei dati storici.
E proprio dall’esame di questi dati gli scienziati si sono accorti quanto stia aumentando lo stress, che va via via accumulandosi in profondità.
Gli studiosi statunitensi James Lienkaemper e Robert W. Simpson, dell’US Geological Survey’s Earthquake Science Center (USGS) di Menlo Park, in California, con i geofisici Forrest S. McFarland e S. John Caskey, dell’Università di San Francisco, hanno utilizzato i dati del lento processo di scivolamento dei quattro segmenti che, allo scatenarsi di un sisma potrebbero innescare un effetto catastrofico, considerando quanto è densamente popolata un’area come quella!
Dall’esame dei dati, è stato calcolato che le faglie di Hayward e di Calaveras hanno accumulato un’energia che potrebbe scatenare un sisma di magnitudo 6.8, mentre le faglie di Rodgers Creek e della Green Valley arriverebbero addirittura a 7.1.
La faglia di Hayward è quella che desta maggiore preoccupazione. Si tratta della faglia che provocò il terremoto del 1868, il ‘Big One’ che precedette il sisma di magnitudo 8.6 di S.Francisco, nel 1906.
Secondo i ricercatori, esiste una probabilità del 30 per cento che questa faglia generi un sisma nei prossimi 30 anni, ma ovviamente in quale momento possa accadere non è dato sapere.
Finora la media delle cinque rotture ‘storiche’ avvenute è stata di una ogni 140 anni. Ma è una statistica, non è detto che il fenomeno proceda sistematicamente!
Lo studio evidenzia che sono particolarmente temibili, perché imprevedibili, le faglie che risultano ‘ferme’, che non danno segnali in superficie, ma che – è noto – accumulano ingenti pressioni a 5-10 chilometri di profondità.
Una di queste quattro, la faglia di Rodgers Creek, è bloccata quasi al 90 per cento.
La popolazione è costantemente allertata e preparata con esercitazioni eseguite periodicamente, con metodo ed efficienza.
Se non si può prevedere con esattezza il ‘quando’, almeno si preparano i modi con cui attendere, costruendo razionalmente con le tecniche antisismiche più sofisticate, mettendo in sicurezza le strutture più vulnerabili, istruendo la cittadinanza al meglio possibile perché vengano messe in atto le norme di comportamento più elementari, cercando di affrontare i rischi con la consapevolezza necessaria.
Il sismologo Alessandro Amato, del nostro Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), osserva comunque che “in questa ricerca non si parla di eventi a breve termine, ma di cicli sismici che, nel caso della California, hanno durate che oscillano da 100 a 200 anni”.