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La sera, attorno al fuoco

Scritto da Leonardo Debbia il 01.10.2014

Il controllo del fuoco e la capacità di cuocere cibi ha prodotto grandi cambiamenti nell’anatomia e nelle abitudini delle culture umane primitive, forse a partire addirittura da un milione di anni fa. Oltre ad essere una scoperta fondamentale per la nutrizione, per la difesa dagli animali selvatici, per tutte le questioni legate alla sopravvivenza quotidiana, il bagliore di un focolare attorno al quale ritrovarsi per il pasto serale e la conversazione, al calar delle tenebre, è sicuramente stata una conquista notevole per la conoscenza e la socializzazione dei nostri antenati.

I racconti delle giornate trascorse, degli eventi accaduti durante le battute di caccia, le confidenze delle sensazioni e dei sentimenti legati alla paura o al coraggio, sia individuali che collettivi, hanno costituito un veicolo formidabile per la trasmissione orale, non solo di attività episodiche ma anche dei valori legati al progredire della conoscenza.

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Il mistero della notte e del buio veniva così illuminato – non solo in senso fisico – liberando la mente dai timori ancestrali e portando in luce aspetti interiori che sarebbero con ogni probabilità rimasti nascosti nei singoli individui o nei gruppi, sotto il sole splendente del giorno.

Il controllo del fuoco è stato oggetto di numerosi studi antropologici, che ne hanno messo in evidenza le indiscutibili ripercussioni sull’evoluzione umana.

  I resti archeologici documentano che il controllo del fuoco dovrebbe essere stato acquisito intorno al mezzo milione di anni fa; sicuramente, almeno 400mila anni fa e, quasi di certo, in concomitanza con altre acquisizioni, quali il linguaggio, i primi embrioni di credenze religiose e la trasmissione di conoscenze culturali alle giovani generazioni.

Ora, in proposito, è stato condotta da Polly W. Weissner, docente del Dipartimento di Antropologia presso l’Università dello Utah, una ricerca su alcune popolazioni di Boscimani, cacciatori-raccoglitori dell’Africa.

I risultati dello studio sono stati recentemente pubblicati su Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS).

Sembrerebbe ragionevole ritenere che radunarsi attorno ad un fuoco abbia agito da catalizzatore negli scambi relazionali tra gli antichi gruppi umani.

Per verificare questa ipotesi, la Weissner ha trascorso sei mesi vivendo con tribù di cacciatori-raccoglitori in Botswana e in Namibia, registrando e traducendo le conversazioni notturne attorno ai fuochi.

Dai dati riassunti è così emersa la differenza fondamentale tra la vita diurna e quella notturna.

Durante il giorno, la vita scorreva frenetica. Le persone parlavano di attività organizzative pratiche, sul come e dove cacciare, definendo le strategie sugli appostamenti e sui percorsi di caccia. Si doveva provvedere alla preparazione degli utensili, ai consumi e ai quantitativi di cibo.

Era consuetudine assistere alle chiacchierate o ai giochi tra membri di una stessa tribù, se non alle lamentele e alle conflittualità tra gruppi o tra membri dello stesso gruppo.

Di notte, attorno ai fuochi accesi, gli animi, invece, si placavano e tutto acquistava un sapore più intimo. Le preoccupazioni quotidiane lasciavano il posto ai racconti di avventure o di episodi della giornata o delle giornate passate, alle rievocazioni degli antenati, ai canti e alle danze – talvolta a sfondo religioso – rafforzando, in tal modo, la memoria collettiva e la condivisione dei valori culturali.

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