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Ambiente abitabile vicino ad un vulcano su Marte?

Su Marte, il vulcano Arsia Mons potrebbe essere stato sede di un ambiente abitabile, secondo alcuni geologi americani

Scritto da Leonardo Debbia il 30.05.2014

Su Marte, il vulcano Arsia Mons potrebbe essere stato sede di un ambiente abitabile, secondo alcuni geologi americani. Le ricerche mostrano che le eruzioni vulcaniche sotto una lastra di ghiaccio potrebbero aver dato origine, in superficie, a notevoli quantità di acqua allo stato liquido. Naturalmente, ci si riferisce ad un lontano passato, 210 milioni di anni fa.

Dove c’è acqua, c’è la vita, dicono gli scienziati. Ma se questo assunto è vero per la Terra, è valido anche per Marte? Per gli studiosi dell’Università di Brown, Rhode Island, la risposta è affermativa.

Vulcano su Marte

Vulcano Arsia Mons su Marte. L’intreccio di canali fluviali ai bordi di depositi
glaciali di 210 milioni di anni, fanno pensare alla presenza di laghi e quindi alla
possibile esistenza di forma microbiche di vita
(crediti: NASA / Goddard Space Flight Center / Arizona State University /
Brown University)

L’Arsia Mons è il terzo vulcano di Marte, per l’altezza, che è doppia di quella dell’Everest.
210 milioni di anni fa, ai piedi del vulcano si stendeva un immenso ghiacciaio ed è lecito supporre che ripetute eruzioni vulcaniche abbiano fuso parte del ghiaccio, formando dei laghi, una sorta di bolle liquide all’interno della massa ghiacciata.

Secondo i calcoli di Kat Scanlon, un ricercatore dell’ateneo, la quantità d’acqua liquida originata sarebbe stata notevole e la probabilità che vi si fosse creato un ambiente abitabile è alta. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista Icarus.

Dato che i siti su Marte esaminati dai rover e designati adatti ad ospitare acqua sono molto più antichi dell’Arsia Mons, la possibilità che esista tuttora acqua più recente rende il vulcano particolarmente interessante per eventuali future esplorazioni. Non è, comunque, la prima volta che la montagna è stata esaminata sotto questa luce.

Nel 2003 i geologi Jim Head e David Marchant, ricercatori della Boston University, avevano dimostrato che il terreno intorno al vulcano presentava una morfologia morenica del tutto simile alle vallate asciutte e abbandonate dai ghiacciai in ritirata dell’Antartide. Questo scenario è stata ulteriormente confermato da modelli al computer che tenevano conto della formazione di glaciazioni su Marte in base all’inclinazione del suo asse di rotazione.

In team con Head, Marchant e il prof. Lionel Wilson, un vulcanologo del Lancaster Environmental Centre del Regno Unito, Scanlon ha cercato prove di eruzioni laviche risalenti alla presenza del ghiacciaio, trovandone molte.

Servendosi anche dei dati della sonda Mars Reconnissance Orbiter della NASA, il team di studiosi ha scoperto l’esistenza di formazioni laviche ‘a cuscino’, le cosiddette ‘pillow-lavas’ che si formano quando la lava viene eruttata sul fondo di un oceano. Altre prove sono state date dalla presenza di creste e cumuli che sulla Terra si formano quando la colata lavica viene a contatto con formazioni imponenti di ghiaccio.

Eseguiti i calcoli termodinamici, è emerso che due di questi depositi avrebbero contenuto qualcosa come 40 chilometri cubi di acqua ciascuno.
Considerando le temperature alquanto rigide di Marte, si può pensare che la massa glaciale possa aver trattenuto questi depositi liquidi per moltissimo tempo, probabilmente anche migliaia di anni e se questo fosse accaduto, si può anche ritenere che qualche forma di vita microbica, se presente sul pianeta, possa aver colonizzato queste sacche d’acqua.

Head ipotizza che qualche lago sia ancora rimasto e se anche questa ipotesi – o speranza – fosse vera, schiuderebbe la possibilità di poter analizzare eventuali bolle di gas dell’antica atmosfera marziana. Lo scenario che il team descrive è alquanto suggestivo e schiude nuove possibilità ad una futura esplorazione umana del Pianeta rosso.

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