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Cosa sappiamo delle stelle più antiche?

Scritto da Silvia Buda il 19.01.2016

La ricerca di un gruppo internazionale di astronomi che verrà pubblicata sul Monthly Notices of the Royal Astronomical Society Letters ha come argomento la scoperta di quello che resta in seguito all’esplosione di una stella antichissima. Utilizzando il VLT (Very Large Telescope) del Cile, che è lo strumento ottico più avanzato al mondo, composto da quattro telescopi principali e da quattro telescopi ausiliari mobili, costato circa 500 milioni di dollari, gli astronomi statunitensi e australiani hanno potuto osservare e studiare quello che resta di una stella che si formò 1,8 miliardi di anni fa, praticamente quasi subito dopo il Big Bang.

Le prime stelle, per intenderci, le stelle più antiche formatesi dopo il Big Bang, sono chiamate anche stelle di Popolazione III , esse solitamente possiedono una quantità molto bassa di metalli, mentre le stelle più recenti sono chiamate invece stelle di Popolazione I, a questa categoria appartiene, ad esempio, il Sole. Secondo alcune teorie sono esistite due generazioni di stelle di popolazione III e per quanto riguardo la loro massa c’è ancora un’aperta discussione fra gli studiosi.

Quello che gli scienziati hanno scoperto è che la nube di gas possiede al suo interno una percentuale molto bassa di elementi pesanti, come ossigeno, carbonio e ferro. Il coordinatore della ricerca, il dottor Neil Crighton del Swinburne University of Technology’s Centre for Astrophysics and Supercomputing ha affermato, infatti, che “Gli elementi pesanti non si formarono con il Big Bang, ma successivamente, dalle stelle, quando esplosero”. Il fatto che la nube di gas esplosa contenga una così bassa quantità di elementi pesanti è indice del fatto che a formarla fu una stella primordiale, cioè una delle prime stelle che si formarono dopo il Big Bang e che esplosero come supernovae.

In seguito a questa ricerca, gli astronomi si preparano ad effettuare, con l’ausilio dei più potenti telescopi, una specie di “caccia al tesoro” o meglio una caccia a queste nubi di gas. I ricercatori vogliono infatti cercare di scoprire e capire quali erano le reali percentuali degli elementi che si formavano all’atto dell’esplosione delle prime stelle. Per fare questo dovranno osservare il maggior numero possibile di nubi di gas, non contaminate da stelle di generazione successiva, per poi arrivare a raccogliere tanti campioni di riferimento. Quello che ne risulterà sarà sicuramente di aiuto poiché consentirà di capire molto di più sulla storia delle stelle più antiche.

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