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Sistemi solari come il nostro potrebbero essere la norma nell’universo

Scritto da Michele Donà il 28.10.2010

Crediti: NASA, ESA, A. Nota (ESA/STScI) et al.

Un recente studio condotto presso il Dipartimento di Astronomia e Scienze dello Spazio dell’Universita di Berkeley, California, afferma che circa il 25% delle stelle simili al Sole potrebbe avere pianeti come la Terra.

Gli astronomi Andrew Howard e Geoffrey Marcy, hanno osservato per 5 anni attraverso il telescopio Keck 166 stelle di tipo G e K entro 80 anni luce dalla Terra al fine di determinare il numero, la massa e la distanza orbitale dei loro pianeti.

I ricercatori hanno trovato un gran numero di pianeti, con dimensioni che variano dalla minima rilevabile alle “superterre” di massa fino a 10 volte superiore a quella del nostro pianeta.

Di circa cento stelle simili al Sole, una o due hanno pianeti delle dimensioni di Giove, circa sei hanno almeno un pianeta delle dimensioni di Nettuno e circa dodici hanno pianeti simili alla Terra o “superterre”.

Estrapolando i pianeti di massa variabile tra la metà e il doppio rispetto alla Terra, si prevede di trovarne circa 23 ogni cento stelle.

Questa è la prima stima mai effettuata sulla base di reali misurazioni delle stelle con pianeti simili alla terra” – afferma Geoffrey Marcy; gli studi precedenti avevano stimato solo i pianeti delle dimensioni di Giove o Saturno. “Ciò significa – continua Marcy – che se la NASA sviluppare nuove tecniche per trovare pianeti simili alla Terra, non dovrebbe cercare troppo lontano

Poichè i ricercatori di Berkeley hanno preso in considerazione solo stelle relativamente vicine, è probabile che i siano moltissimi pianeti anche a distanza maggiori; pianeti che potrebbero trovarsi ad una distanza tale dalla loro stella che possa permettere l’esistenza di acqua allo stato liquido.

I risultati della ricerca vanno in conflitto con le teorie attuali sulla formazione dei pianeti: tali modelli prevedono una zona priva di pianeti proprio dove ne sono stati trovati da Howard e Marcy, e quest’ ultimo afferma che questa scoperta è destinata a rivoluzionare la teoria attuale sulla formazione dei pianeti.

I risultati completi della ricerca saranno pubblicati domani 29 ottobre su Science.

RadiotelescopioGli astronomi hanno utilizzato il telescopio Keck da 10 metri situato alle Hawaii per misurare le minime oscillazioni delle stelle. Le tecniche attuali consentono di rilevare pianeti di massa e distanza dalla loro stella tali da causarne un’oscillazione di circa un metro al secondo, ciò significa che hanno visto solo pianeti di grande massa (fino 1000 volte quella della Terra) ad una distanza di un quarto di Unità Astronomica dalla rispettiva stella (UA corrisponde alla distanza media della Terra dal Sole, circa 150 milioni di Km).

Solo 22 stelle hanno pianeti rilevabili, 33 pianeti complessivi, in questo intervallo di masse e distanze orbitali.

Howard e Marcy hanno stabilito che il numero di pianeti aumentava in maniera inversamente proporzionale alla loro dimensione e hanno stimato che il 23% di essi fosse di dimensioni simili a quelle della Terra.

Howard afferma che “Uno degli obiettivi degli astronomi è quello di trovare la frazione di stelle simili al Sole che hanno pianeti simili alla Terra, questa ricerca è solo una prima stima, ma anche se il numero reale non fosse uno ogni quattro, bensì uno su otto, e non uno su cento, e questa sarebbe comunque una scoperta epocale“.

Ulteriori dodici pianeti sono stati rilevati ma non inclusi nei dati finali, in quanto è attualmente necessaria un’ulteriore verifica, ma se anche essi fossero confermati, il team avrebbe trovato ben 45 pianeti intorno a 32 stelle.

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  • Helias scrive:

    Sembra che siamo alla fine di un ciclo, quello della rivoluzione copernicana. Dopo aver spodestato la Terra dal centro dell’universo ed averla più correttamente collocata su un’orbita qualunque attorno ad una qualunque stella alla periferia di una comune galassia tra miliardi di galassie, finalmente ci accorgiamo che quasi ogni stella potrebbe avere un pianeta capace di ospitare la vita. Viene in mente il romanzo di Max Wells “La freccia oscura del tempo” (Feltrinelli), dove due pianeti abitabili vengono scoperti a uno sputo (circa 20 anni luce) dal nostro sistema solare. E, a differenza di Pandora di “Avatar”, dove il viaggio da qui ad Alfa Centauri dura quasi sei anni, Max Wells (di professione astrofisico) ci spiega come invece tali viaggi interplanetari potrebbero durare pochi minuti. Chissà che la potenza predittiva di questo autore non si riveli corretta anche in questo caso, e che tutto ciò non diventi (presto) realtà.