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Tracce dell’impatto di un asteroide gigante trovate in Australia

Scritto da Leonardo Debbia il 20.05.2016

Gli scienziati hanno le prove che un enorme asteroide colpì la Terra poco dopo la sua formazione, con l’impatto più violento che il pianeta abbia poi sperimentato.

Il materiale che andò vaporizzato nella gigantesca collisione, come avvenne per altre simili, dette origine a piccole perle di vetro o sferule, che sono state rinvenute ora nel Nord-ovest dell’Australia, secondo quanto ha annunciato Andrew Glikson, docente di Scienze della Terra e paleoclimatologo del Planetary Institute presso l’Australian National University (ANU).

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Sedimenti della formazione Marble Bar, nell’Australia occidentale. Il nome deriva dalla composizione prevalente di diaspro della roccia, scambiato erroneamente per marmo (crediti: A. Glikson)

“L’impatto dette sicuramente il via a terremoti di magnitudo molto più forti dei terremoti avvenuti in epoca storica, con conseguenti disastrosi tsunami che frantumarono e spazzarono molte linee costiere dei continenti che si andavano formando”, ha aggiunto Glikson.

Il materiale detritico e le polveri generate dall’impatto si sarebbero diffusi in tutto il mondo, restando per anni in sospensione nell’atmosfera, tant’è che queste sferule sono state rinvenute in sedimenti del fondo marino risalenti a 3,46 miliardi di anni fa.

L’asteroide è il secondo più antico conosciuto che abbia colpito la Terra ed è anche uno dei più grandi.

Secondo la descrizione e i calcoli di Glikson, avrebbe avuto un diametro di 20-30 chilometri e il cratere generato dall’urto sarebbe stato di una larghezza di 400 chilometri, anche se di questo non si è conservata traccia.

Facendo un paragone con la Luna, dobbiamo tener presente che tra i 3,8 e i 3,9 miliardi di anni fa, il nostro satellite fu colpito da numerosi asteroidi, che originarono crateri, ribattezzati ‘mari’, ancora ben visibili dalla Terra e che conferiscono alla faccia della Luna il caratteristico aspetto ‘butterato’.

“La zona esatta colpita da questo asteroide, invece, rimane, al momento, un mistero”, dice Glikson. “A differenza della superficie lunare, qualsiasi cratere sulla superficie terrestre primordiale è stato cancellato dall’attività vulcanica e dai movimenti tettonici susseguitisi da allora”.

Il dr Glikson, assieme al collega Arthur Hickman, del Geological Survey dell’Australia occidentale, hanno trovatole sferule di cui si è fatto cenno sopra, in una carota prelevata dal Marble Bar, nell’Australia nord-occidentale, in alcuni dei più antichi sedimenti conosciuti sulla Terra.

Ed è solo grazie alla presenza di queste sferule, tipiche testimoni di una collisione celeste, che è stato possibile dare per certo l’incontro della Terra con l’asteroide, altrimenti non identificabile né databile in altro modo.

Lo strato di sedimenti, che in origine era sul fondo dell’oceano, è stato infatti conservato tra due strati di origine vulcanica, e questo ha consentito una datazione molto accurata della sua formazione.

Erano più di 20 anni che il dr Glikson andava alla ricerca di prove di antichi impatti e, di fronte alla prova offerta dalle sferule, possiamo immaginare la sua soddisfazione.

Analisi successive hanno rivelato anche livelli di elementi come platino, nichel e cromo, compatibili con uno scontro con un asteroide

“E’ probabile che si siano verificati molti impatti simili per i quali non sono state trovate tracce analoghe”, sospetta Glikson. “Questa è solo la punta dell’iceberg. Noi abbiamo trovato prove solo per 17 impatti di età superiore ai 2,5 miliardi di anni, ma in realtà gli impatti avrebbero potuto essere centinaia”.

“Il gigantesco impatto dell’asteroide ebbe come risultato grandi spostamenti tettonici e ampi flussi magmatici e questi eventi possono avere certamente influenzato in maniera significativa il modo in cui si è evoluta la Terra”.

L’articolo relativo allo studio è stato pubblicato sulla rivista Precambrian Research.

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