Gaianews

Un codice genetico nascosto spiega mistero insoluto del DNA

Scritto da Annalisa Arci il 22.01.2013

HARVARD – Gli scienziati dell’Università di Harvard hanno risolto un mistero inscritto nella storia stessa del DNA. Per la prima volta sono state individuate con chiarezza le differenze tra le parti apparentemente sinonime della struttura a doppia elica. La scoperta del DNA ad opera di Watson e Crick risale a sessant’anni fa. Pur conoscendo i meccanismi che regolano la trascrizione del BNA in RNA e la traduzione dell’RNA in proteine, restano numerose le perplessità su quella che è nota tra gli specialisti come un’incongruità di ordine matematico.

DNA

Per produrre le proteine le cellule si servono dell’RNA che, come il DNA, è costituito da nucleotidi che hanno una delle quattro basi (A, G, C, T). Le cellule leggono queste basi in gruppi di tre e traducono l’RNA negli amminoacidi, i mattoni delle proteine. Quante combinazioni sono possibili? Per combinare le quattro basi in gruppi di tre sono possibili 64 combinazioni – i codoni – ma il processo si serve di soli 20 amminoacidi. La differenza è presto spiegata: codoni multipli possono tradurre lo stesso amminoacido – la leucina, ad esempio, può essere codificata in ben sei modi.

Gli scienziati hanno a lungo speculato sull’origine di questi codoni apparentemente sinonimi. Sono prodotti dagli stessi amminoacidi oppure sono il risultato di un codice genetico fino ad ora nascosto? Il team di ricercatori dell’Università di Harvard guidato da Arvind R. Subramaniam e da Philippe Cluzel ha scoperto la sequenza fino ad ora sconosciuta. I risultati della ricerca sono stati pubblicati il 31 dicembre 2012 nella rivista Proceedings of National Academy of Sciences.

Le parti del DNA sotto esame non sono totalmente sinonime. I ricercatori hanno scoperto che in alcune condizioni di stress alcune sequenze producono proteine in modo efficiente solo in alcuni casi; accade spesso che in situazioni identiche le stesse sequenze non producono nulla. Arvind R. Subramaniam ha precisato che “la scoperta è davvero notevole perché mette in luce un meccanismo molto semplice. Molti ricercatori avevano già cercato di determinare se l’utilizzo di codoni diversi poteva modificare i livelli di proteine, ma nessuno aveva fino ad oggi pensato che il fenomeno potesse essere visibile solo a certe condizioni”.

Per comprendere come le parti sinonime del codice genetico influenzano la produzione di proteine​​ i ricercatori hanno creato svariate copie di un gene che produce una proteina fluorescente. Ciascuna versione del gene è stata progettata per utilizzare il codice in un unico modo e per uno specifico amminoacido. Per fare un esempio, nel caso della serina, che può essere codificata in sei modi, i ricercatori hanno creato sei versioni dello stesso gene. Questi geni sono stati innestati in batteri di Escherichia Coli per osservarne i cambiamenti in questa condizione “stressante”. I risultati sono stati sorprendenti.

I motivi li spiega il Prof. Arvind R. Subramaniam: “quello che abbiamo scoperto è che se i batteri sono in un ambiente in cui possono crescere e prosperare, ogni codone sinonimo produce la stessa quantità di proteine. Ma nel momento in cui li abbiamo messi in un ambiente in cui non potevano nutrirsi, alcuni codoni hanno cominciato a produrre proteine ​​ad un ritmo cento volte superiore che in altre situazioni. La differenza è notevole per le molecole di RNA o di tRNA, che traghettano gli aminoacidi nella produzione di proteine”.

La scoperta potrà essere utile per sviluppare nuove tecniche per combattere i batteri più resistenti e i tumori. Mentre infatti il sistema aiuta le cellule a produrre proteine efficaci in condizioni di stress, agisce anche come una specie di salvavita biologico consentendo il quasi completo arresto nella produzione di altre proteine in modo da non disperdere le risorse a disposizione.  Data la natura universale del codice genetico, il sistema funziona allo stesso modo per tutti gli organismi, dai batteri unicellulari agli esseri umani.

Ora si tratta di capire in quali e quanti modi possono essere sfruttate le scoperte sulle differenze nelle parti del DNA che erano ritenute sinonime. La sfida più importante è in campo medico.  Sappiamo che le cellule tumorali crescono molto velocemente e consumano la maggior parte degli aminoacidi presenti nel loro ambiente. Il codice svolge un qualche ruolo nella genesi e nello sviluppo della malattia? E ancora: se, per sopravvivere, le cellule tumorali usano le differenze tra questi codoni nell’esprimere alcune proteine, è possibile sfruttare questo comportamento per combatterle? 

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA