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Essere maestri

Scritto da Maria Rosa Pantè il 25.02.2013

L’altra mattina ho sentito il beep del cellulare: un messaggio. Curiosa come sono vorrei leggerlo già mentre guido, ma desisto. Appena arrivo a destinazione, però me lo leggo, è di una mia ex alunna e non si arrabbierà se riporto qui una parte del suo lungo sms. Un sms che ha sfidato per lunghezza, profondità, densità molti limiti che ogni buon sms dovrebbe avere in quanto sms.
La tiro un po’ lunga perché quello che mi ha scritto la mia ex allieva ora laureata, sposata e madre, è serio, commovente, esaltante, ma anche “provocatorio” per me e per gli insegnanti in genere.
(…)
Dovresti tornare a insegnare la scuola ha bisogno di maestri come te e i ragazzi hanno bisogno di angeli! Pensaci… seriamente. Ho preso 30 anche la settimana scorsa! Se non ti avessi incontrato avrei la stessa sete di conoscenza? Ti voglio bene e grazie ancora.

scuola

Non so a quanti insegnanti sia capitato di ricevere un messaggio così, io ne ho ricevuti altri – devo dire – e altre attestazioni di stima, affetto, amicizia, riconoscenza. Anche il fatto che miei ex allievi mi vogliano far conoscere i loro figli è una meravigliosa attestazione di amicizia.
Ma questo sms tocca proprio il nodo dell’essere insegnante. E io insegnante, ora come ora, non lo sono più. Non in classe almeno. Per questo il messaggio per me è bello e difficile insieme.
Dirò per punti per essere più chiara, sintetica e meno “emozionata”.
1. Insegnare è bello, è un’esperienza unica e sempre unica. Ogni giorno e irripetibile.
2. Imparare è altrettanto bello e unico e irripetibile anch’esso.
3. Essere un’insegnante che è anche un maestro (un angelo: io? ma proprio io?) è qualcosa di più, un dono, lo dico non pensando a me sola, ma per le professoresse che io ho avuto. Perché i professori hanno avuto dei professori e ogni maestro ha avuto altri maestri. Così la vita continua e continua la sapienza della mente e del cuore.
4. Non sempre si è insegnanti maestri, succede quando c’è speciale alchimia tra docente e discente. A me è accaduto più volte e quindi credo di poter dire che sono stata brava, perché ho amato insegnare.
5. Ma insegnare è tanto bello quanto difficile e duro. Insegnare con tale intensità, in situazioni a volte complesse, mi ha bruciata, mi ha provocato danni alla salute e soprattutto paura.
6. Paura perché a volte la classe, formata da individui tutti speciali, diventa branco e dunque difficile da controllare, difficile da gestire e da guidare. Allora cominci a bruciare energie e questo lavoro ti diventa odioso e persino i ragazzi, che singolarmente continui ad apprezzare, ti diventano insopportabili, li senti nemici. Se accade devi smettere perché hai troppo rispetto del tuo lavoro per farlo malamente o per farlo senza alcun coinvolgimento, senza continuare a essere anche un maestro!
1. 7. Talvolta anch’io penso che dovrei tornare a insegnare, quanti me lo dicono, pare che io abbia il dono della fascinazione, il dono della narrazione. Faccio leggere anche le cose pesanti, pare e mi piacciono le persone, mi stanno a cuore le loro storie, le loro vite. Però sono fragile, ho paura e forse sono anche egoista. Di certo tendo all’autoconservazione. Eppure parole come quelle di Monica (così si chiama la mia ex-allieva, ora insegnante ed educatrice e maestra) mi mettono in crisi e avrei voluto piangere di gioia, ma anche di nostalgia e di paura e di troppi sentimenti insieme.
Così non ho pianto, ma ho scritto questo elogio dei maestri, ognuno il suo. Elogio della scuola, ancora una volta instancabilmente: elogio della scuola!!!

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