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Come sfamare i 9 miliardi di persone che saremo

Tra qualche anno la popolazione mondiale raggiungerà i 9 miliardi e ci si sta chiedendo come sarà possibile nutrirci tutti, senza depredare il pianeta

Scritto da Annamaria Pisapia, Direttrice CIWF Italia il 27.02.2014

Il tema è di vitale importanza e, purtroppo, in Italia non se ne parla a sufficienza. Al momento siamo 7 miliardi, di cui 1 miliardo soffre la fame, mentre 1.2 miliardi di persone sono obese e affette da malattie derivanti da una dieta troppo ricca di proteine animali.

Con la prospettiva di un aumento di popolazione di 2 miliardi in circa 35 anni, la soluzione comunemente proposta di aumentare ulteriormente la produzione e mantenere la stessa dieta di oggi è alquanto ingenua. Se l’idea è quella di nutrire 9 miliardi di persone con petti di pollo e bistecche di manzo,  allora ci troveremo davanti ad un bivio molto impegnativo: o continuare a mantenere o addirittura aumentare il divario tra chi soffre la fame e chi è malato di diabete; oppure portare il nostro pianeta al suo limite di sopravvivenza. L’intensificazione sostenibile di cui si sente parlare è un vero ossimoro, perchè il sistema agricolo (incluso quello zootecnico) attuale, basato su sistemi intensivi, non è e non sarà mai sostenibile.

come sfamare i 9 miliardi che saremo

Dobbiamo chiederci oggi quale futuro vogliamo domani, non solo per incentivare l’equa distribuzione delle risorse, ma soprattutto per aumentare l’efficenza del nostro sistema alimentare. Forse così, si potranno sfamare i 9 miliardi di persone che saremo, senza peggiorare ulteriormente la precaria salute del pianeta e il benessere degli animali.

Si produce già abbastanza cibo per nutrire tutti. Per chi si occupa di nutrizione e fame nel mondo, questa non è assolutamente una novità. Ma il problema è che una quantità spropositata di questo cibo viene sprecato. Non solo sottoforma di cibo “lavorato” che sicuramente rappresenta la forma di spreco più evidente e conosciuta. Ad esempio in Gran Bretagna, a livello domestico,  si spreca una quantità di carne equivalente a 50 milioni di polli, 1.5 milioni di suini e 100,000 bovini.  

Ma vi è una forma di spreco molto più insidiosa che viene troppo spesso ignorata.

Si tratta del cibo che diamo agli animali negli allevamenti intensivi in forma di mangime: gliene diamo tanto e il risultato che otteniamo in termini di calorie è molto basso. Basti pensare che circa 1/3 della produzione mondiale di cereali viene dato agli animali ammassati in capannoni affinchè diventino carne e latte per le popolazioni dei paesi occidentali. Prendendo in considerazione l’Europa i numeri crescono ancora di più:  il 60% della produzione dei cereali diventa mangime per gli animali.

D’altro canto, per ogni 100 calorie di cereali commestibili, come il mais, dati al bestiame, solo 30 calorie ritornano sottoforma di carne e latte. In questa trasformazione compiuta dagli animali, perdiamo il 70% di calorie, segno, questo, di una conversione inefficiente. Sono cifre impressionanti.

Quindi, se vogliamo un sistema alimentare che sostenga la popolazione in crescita, dobbiamo smettere di sprecare cibo e non intensificare ulteriormente la zootecnia. Aumentare il numero di animali confinati negli allevamenti intensivi peggiorerebbe solamente il problema.

Mangiare meno carne, di animali allevati in modo sostenibile, ad esempio con accesso al pascolo e con ritmi di crescita più lenti, consentirebbe di redistribuire mais e soia, che coltiviamo in gran quantità, tra i futuri abitanti del pianeta.

Purtroppo, in Italia manca a livello di grande pubblico una discussione su questi temi, presente invece in paesi come la Germania, la Gran Bretagna, e, in maniera crescente, persino in un paese conservatore su queste tematiche come la Francia.

Questo deve fare riflettere. Si giunge al paradosso che in Italia persino il mondo ambientalista tende ad ignorare il peso della nutrizione sul futuro del pianeta e della popolazione umana, dando spazio ad una proposta animalista estrema che propone come soluzione al problema diete vegane, creando così un muro contro muro con tutti coloro che potrebbero essere potenziali interlocutori.

Ne consegue che di fatto non esiste pressione alcuna da parte della società civile a cambiare le cose. E quindi -a parte qualche eccezione che conferma la regola- la stragrande maggioranza della politica non solo è sorda a questi temi, ma anzi sostiene in modo perfettamente bipartisan la zootecnia intensiva definendola “fattore di crescita per il nostro paese”. 

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