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L’alba del pensiero, puntata 54. L’esistenzialismo

Scritto da Alba Fecchio il 15.10.2011

Alba del pensiero - rubrica settimanale di filosofia e naturaOggi dobbiamo introdurre un movimento che ci accompagnerà per parecchio tempo in questa rubrica: l’Esistenzialismo.

Cercheremo ora di dare un’idea dei suoi caratteri generali per poi, nella settimane successive, delinearne le singole figure di spicco.

L’Esistenzialismo ebbe una diffusione molto ampia, nasce con un taglio spiccatamente europeista e si sviluppa soprattutto in Italia, Francia, Spagna e Germania ma, qualche cenno si riscontra anche nel mondo anglosassone. Il termine Esistenzialismo venne coniato in Italia, mentre negli altri paesi di preferisce parlare di Filosofia dell’esistenza.

Ma cos’è stato effettivamente? Possiamo definirlo un clima storico-culturale che ha toccato aspetti e campi fra i più disparati ( poetico, artistico, letterario..). Esso propone una nuova visione del mondo e dei problemi che la riflessione umana deve affrontare. Essa si nutre di elementi pre-esistenti, nasce in seguito alla presa di coscienza degli abomini, da parte di molti intellettuali, della prima guerra mondiale e il prospettarsi l’inizio di una nuova guerra già con caratteri notevolmente inquietanti.

Filosoficamente il precursore dell’Esistenzialismo è indubbiamente la Fenomenologia di Husserl. La maggior parte dei filosofi che aderiranno a questo movimento in età matura infatti, erano stati allievi diretti di Husserl stesso. Mi riferisco a nomi come M. Heidegger, J.P. Sarte o K. Jaspers.

I temi fra le due correnti non sono ovviamente gli stessi, tutt’altro. Husserl, dopo aver letto Essere e Tempo, opera magna di Hedigger che per molti studiosi rappresenta il manifesto teorico dell’esistenzialismo moderno, allentò i suoi rapporti con l’allievo sempre tanto amato, sentendosi tradito.

L’esistenzialismo propone una riflessione incentrata sull’uomo, Sarebbe meglio dire che i nuclei tematici toccati degli autori esistenzialisti sono ricollegabili al problema dell’Essere, ma non in quanto tale, piuttosto nella sua declinazione d’esistenza per uomo. La domanda di fondo che emerge con prepotenza è: In che senso l’uomo è? Quale senso può avere l’esistenza in questo mondo?

Domande primordiali, voi direte. Avete ragione. Ma la questione è che della cosa più semplice di tutte, l’esistenza, di cui noi abbiamo esperienza giornaliera, si è sempre studiato e parlato molto poco.

L’Esistenzialismo si propone quindi di partire da qui e proporre un’idea di filosofia nuova.

Abbiamo detto che è Essere e Tempo ad essere considerata l’opera prima dell’Esistenzialismo, in particolare quei capitoli che si intitolano Analitica dell’esistenza. Casa buffa è che l’autore, Heidegger, non si dichiarerà mai esistenzialista, affermando anzi, che il suo non era un interesse legato all’esistenza individuale, ma un tentativo di giungere all’Essere in quanto tale.

Detto questo dobbiamo dire che l’esistenzialismo si può dividere almeno in due filoni: il cosiddetto esistenzialismo ateo e l’esistenzialismo cristiano.

Autore di riferimento per entrambi sarà Soren Kierkegaard.

Si assiste ad una vera e propria Kierkegaard renaissance: un po’ perché l’autore danese era stato fino ad allora poco tradotto e un po’ perché le tematiche da lui toccate, in tutta la sua riflessione, erano esattamente quelle a cui l’esistenzialismo era interessato.

Quali sono queste tematiche? Innanzi tutto l’essere nel mondo inteso come gettatezza ( termine di origine Heideggeriana): l’uomo, cioè, è consapevole del proprio essere ma non ne coglie il senso, per tanto si sente alienato e stordito. “Che cosa ci faccio qui?” – si chiede l’uomo del 900 stordito e intimorito-. A questo si aggiunge che la condizione umana è sempre problematica, vale a dire, è legata al perenne tentativo di cercare un fondamento e con esso, una strada adeguata per migliorare la propria esistenza. Come questo può accadere? Scegliendo.

La scelta, come abbiamo già visto parlando di Kierkegaard, rappresenta l’esperienza suprema dell’uomo ove libertà e necessità giocano oscillando perennemente.

Essere liberi di scegliere significa essere liberi di sbagliare. E’ questo il baratro cui è costretto l’uomo.

Nelle prossime settimane, partendo da Heidegger, ci dedicheremo a questi autori, fondamentali per farsi un’idea più precisa di cosa sia e cosa diventi la Filosofia nel 900.

 

Il film che questa settimana vi consiglio è Il paziente inglese, di A. Minghella.

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