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Metoposauro, la salamandra-coccodrillo

Scritto da Andrea Maraldi il 10.06.2015

Gli anfibi viventi più grandi al mondo sono probabilmente le salamandre giganti del Giappone: lunghe più di un metro, ed in grado di sopravvivere anche in acque molto fredde, spesso sono state indicate come l’ispirazione per molte creature del folklore locale, come i folletti d’acqua noti con il nome di Kappa. Viene da chiedersi quali favole e leggende potrebbero essere state scritte se in qualche remoto luogo del mondo fosse ancora possibile incontrare animali come il Metoposauro.

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Malgrado il nome faccia pensare ai rettili, anche il Metoposauro era un anfibio, per molto versi abbastanza simile alla salamandra, ma date le sue dimensioni e la sua anatomia risulta molto chiaro che non fosse un timido e minuto insettivoro, ma un predatore di primo ordine, con abitudini simili a quelle dei coccodrilli, che al suo tempo ancora non esistevano. Questa specie è vissuta durante la seconda metà del periodo Triassico, circa 220 milioni di anni fa, all’alba dell’Era dei Dinosauri, ed era diffuso in buona parte del mondo, grazie al fatto che all’epoca la deriva dei continenti aveva fuso tutte le terre emerse in un’unica superficie: con buona parte dell’entroterra tormentato da una massiccia desertificazione, doveva essere un animale facile da incontrare solo lungo le coste, o presso fonti d’acqua importanti, come laghi o grandi fiumi. Le specie più grandi di Metoposauro erano lunghe anche due o tre metri, ed in quanto anfibi potevano sopravvivere all’asciutto molto poco: il corpo largo e piatto comunque lascia pensare che prediligessero le acque basse e calme di paludi o lagune, piuttosto che bacini fluviali con correnti rapide.

La tecnica di caccia di questi animali non può essere determinata con certezza assoluta, ma possiamo comunque fare delle speculazioni ragionevoli al riguardo, analizzandone l’anatomia: il Metoposauro aveva una testa enorme, con una bocca in proporzione, ma mandibole relativamente deboli e denti piccoli, inoltre aveva zampe corte, non adatte né a spostarsi sulla terraferma né a lunghi periodi di nuoto attivo. Tutti questi “indizi anatomici” potrebbero indicare che il Metoposauro fosse perlopiù un predatore da agguato, che passava gran parte del suo tempo immobile nelle acque basse, o persino nascosto sotto i fondali fangosi, in attesa di pesci ed altre piccole prede, che poi ingoiava intere, creando un potente risucchio con la larga bocca.

Il motivo dell’estinzione di questi animali risulta chiaro: nel Triassico sono comparse varie specie di rettili semi-acquatici, prima i più “rudimentali” Fitosauri e poi i Coccodrilli veri e propri. A causa della competizione per il cibo ed il territorio con questi predatori più efficenti i Metoposauri ed altri anfibi giganti loro analoghi sono stati sempre più spesso costretti e stabilirsi in aree dove l’acqua scompariva con il passare delle stagioni, come dimostrato dal ritrovamento di cimiteri di massa, che testimoniano il disperato tentativo di dozzine di esemplari diversi di sopravvivere alle stagioni più calde ammassandosi in piccole pozze d’acqua. Eventualmente l’estinzione è divenuta una realtà inevitabile: gli anfibi giganti sono però sopravvissuti almeno in alcune remote parti del mondo, in Australia ad esempio, dove le acque di fiumi e paludi erano troppo fredde, dato per buona parte del Mesozoico il sub-continente australiano era molto vicino al Polo Sud, ma dove i grandi anfibi potevano resistere, andando in letargo nei periodi più freddi dell’anno.

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