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Polinesiani e nativi americani si conobbero prima dell’arrivo degli Europei

Scritto da Leonardo Debbia il 04.08.2020

Un team di scienziati genetisti ha scoperto le prove di un contatto, risalente ad un periodo intorno al 1200 d.C., tra polinesiani e nativi americani, questi ultimi strettamente ricollegabili agli attuali abitanti indigeni della Colombia.

Guerrieri tahitiani in fuga (da 'Il costume antico e moderno', di Giulio Ferrario; Milano, tra il 1816 e il 1827)

Guerrieri tahitiani in fuga (da ‘Il costume antico e moderno’, di Giulio Ferrario; Milano, tra il 1816 e il 1827)

Lo studio è stato pubblicato l’8 luglio scorso sulla rivista Nature come risultato della collaborazione tra il dr Alexander Ioannidis, dell’ Institute for Computational and Mathematical Engineering presso l’Università di Stanford, i ricercatori Javier Blanco-Portillo e Andrés Moreno Estrada, entrambi del Laboratorio di genomica per la biodiversità (LANGEBIO) del Messico.

E’ da tempo che gli studiosi indagano, cercando le prove sulla possibilità di spostamenti avvenuti per mare e quindi di probabili incontri tra appartenenti a popolazioni preistoriche native americane e gli antichi abitanti delle isole della Polinesia”, sostiene il dr Ioannidis.

Prima che lo studio portasse prove scientifiche a supporto, i sostenitori dell’interazione tra nativi americani e polinesiani avevano preso spunto solo da alcuni elementi culturali, quali sorprendenti somiglianze nelle lingue, nonchè resti di strutture e pietre tra gruppi di isole della Polinesia molto distanti tra di loro; elementi tuttavia non suffragati da testimonianze scritte di alcun genere su eventuali rapporti tra popolazioni che si fossero mescolate prima che gli Europei si fossero stabiliti in Sud America.

Coloro che non erano d’accordo opponevano studi talora contrastanti, ma soprattutto il fatto che gruppi umani tanto lontani erano separati anche da migliaia di miglia di oceano aperto.

L’esploratore norvegese Thor Heyerdahl, con il suo viaggio nel 1947 dalle coste del Cile all’arcipelago della Tuamotu (Polinesia francese) dimostrò che le popolazioni preistoriche del Sud America sarebbero state in grado di attraversare l’oceano, anche se su fragili zattere, e avere avuto pertanto un ruolo importante nell’insediamento umano della Polinesia orientale, in particolare dell’Isola di Pasqua”, dice Ioannidis. “Ovviamente la sua ipotesi non piacque a quegli studiosi che ritenevano i primi polinesiani provenienti dal continente asiatico”.

Peraltro, anche la diffusione di prodotti alimentari quali la patata dolce – di origine americana ma trovata in tutto il Pacifico e in nessun altro luogo – avrebbe potuto offrire una prova delle abilità con cui i gruppi umani avrebbero popolato le isole più lontane dell’Oceania.

E del resto, il nome polinesiano Kuumala dato a questo ortaggio ricorda i nomi nella lingua quechua andina Kumara e cumal.

Tornando al recente studio, i ricercatori hanno raccolto campioni di saliva di 807 individui sparsi in 17 isole polinesiane diverse e tra 15 gruppi di nativi americani residenti lungo le coste americane del Pacifico, dal Messico al Cile.

Sono quindi state condotte analisi genetiche per cercare frammenti di DNA caratteristici di ogni popolazione che avessero corripondenza con segmenti identici ‘per successione’ con altre popolazioni; vale a dire, come discendenti di un antenato comune di molte generazioni prima.

Abbiamo trovato segmenti identici nella discendenza degli antenati dei nativi americani e di diverse isole polinesiane”, afferma il dr Ioannidis. “Questa è la prova conclusiva che un tempo era avvenuto un evento di contatto condiviso”.

In altre parole, polinesiani e nativi americani si sono incontrati ad un certo punto della storia e durante quel periodo persone di due culture lontane avevano generato figli con DNA sia nativi americani che polinesiani.

Le analisi statistiche hanno confermato che l’evento si è verificato intorno al 1200 d.C. all’incirca nel periodo in cui queste isole erano originariamente abitate da nativi polinesiani”, sostiene Ioannidis.

Usando poi metodi computazionali, gli autori hanno localizzato la fonte del DNA dei nativi americani nell’attuale Colombia.

La storia di questo periodo è conosciuta generalmente per la conquista europea e non si è mai sentito parlare di altre etnie”, conclude Ioannidis. “Penso che questo lavoro possa aiutare a mettere insieme quelle storie mai raccontate. E il fatto che si sia giunti a questo attraverso la genetica mi rende particolarmente soddisfatto”.

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