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Italia fra i primi 10 paesi al mondo per aree dedicate al biologico

Scritto da Redazione di Gaianews.it il 28.01.2014

Secondo un rapporto rilasciato di INEA in collaborazione con il MIPAAF, l’ISMEA e il SINAB IAM.B., in Italia sul 9% della superficie agricola si coltiva biologico e il 60% dei comuni italiani ospita almeno un’azienda che produce biologico.

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I primati di comuni biologici vanno a Noto (SR), con 446 aziende, Corigliano Calabro (CS), con 242 unità, e Poggio Moiano (RI; 241).
In genere queste aziende si trovano in montagna o in collina, dove vengono favorite da marchi di qualità. Queste aziende hanno un’intensità di lavoro più bassa rispetto alle aziende normali, sono guidate soprattutto da giovani con un titolo di studio medio-alto. Inoltre le aziende sono finalizzate all’informatizzazione di una o più attività aziendali, alla diversificazione delle attività produttive (agriturismo, attività ricreative e sociali, fattorie didattiche etc.) e dei canali commerciali attivati (e-commerce).

L’Italia si conferma tra i primi dieci paesi al mondo per estensione di superficie impiegata a biologico (1.167.362 ettari, + 6,4% rispetto al 2011) e numero di aziende (40.146) e per la più alta incidenza di SAU biologica su quella totale (oltre il 9%) (dati SINAB).

Inoltre nel 2012 i dati danno il comparto in crescita sia per quello che riguarda gli operatori (con un +3% rispetto al 2011, essi si attestano a 49.709, di cui l’81% circa produttori esclusivi) sia di mercato (con un giro d’affari di 1,7 miliardi di euro l’Italia si colloca al quarto posto in Europa, dopo Croazia, Olanda e Danimarca, per maggiore incremento del mercato. Gli acquisti domestici di prodotti biologici confezionati nei canali della grande distribuzione moderna sono cresciuti nel corso del 2012 del 7,3% in valore, a fronte di una spesa alimentare rimasta stazionaria (dati ISMEA).

L’agricoltura biologica naturalmente è anche sostenibile: minor carico di bestiame a ettaro, migliore efficienza idrica (il 74% rispetto al 62% per le aziende miste e al 56% per quelle convenzionali), cura degli elementi non coltivati del paesaggio, filiera produttiva corta.

L’1,3% delle aziende convenzionali si dedica anche alla produzione di energie rinnovabili, quota che raggiunge il 3,7% per quelle biologiche e il 6% per quelle miste.

Il rapporto analizza ancora in maniera approfondita il ruolo della produzione lattiero-casearia e quella delle piante officinali. Il primo si contraddistingue per la diversificazione delle attività che viene preferita all’intensificazione. Il secondo invece si contraddistingue per la percentuale delle coltivazioni dedicate al biologico, che raggiungono il 40%.

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