Il fotovoltaico spaziale non rappresenta più un’utopia. Si moltiplicano infatti da diversi anni i progetti per la realizzazione di centrali solari nello spazio con lo scopo di produrre energia elettrica utilizzando la luce del sole. Siano esse giapponesi, europee e americane, le centrali solari orbitanti presto saranno una realtà consolidata.
Entro un paio di decenni la Terra dovrebbe avere una centrale solare spaziale, targata Giappone, costituita da 4000 m2 di pannelli fotovoltaici orbitanti a 36000 km dalla Terra, capaci di produrre 1 GW di energia che potrà essere trasformata in elettrica o idrogeno per usi pratici. I pannelli fotovoltaici catturano l’energia del Sole e la convertono in un fascio laser a infrarossi, o in onde radio, che vengono inviati sulla Terra. Il più grande limite del progetto sembra essere al momento di carattere economico: per essere conveniente, la produzione di corrente spaziale dovrebbe costare circa 1 centesimo di quanto costa ora, ma nel periodo necessario alla realizzazione la situazione, verosimilmente, potrebbe cambiare. Di sicuro c’è che nel 2015 il Governo e l’Agenzia Spaziale giapponesi dovrebbero lanciare un satellite dotato di pannelli solari per testare la trasmissione senza fili di energia dalla ionosfera alla Terra.
Ma i Giapponesi non solo gli unici a cimentarsi in questi progetti. Anche l’Europa ha in cantiere un progetto simile: entro il 2020 la società spaziale europea Eads Astrium conta di lanciarne una più piccola, usando come appoggio il telescopio spaziale Herschel, già in orbita. L’impianto focalizzerà il laser e lo invierà a terra, dove basterà installare degli appositi pannelli per convertire l’energia inviata dallo spazio.
D’altro canto gli Americani non stanno certo a guardare. Entro il 2025, infatti, dovrebbe essere in orbita SPS-ALPHA, Solar Power Satellite via Arbitrarily Large PHased Array, l’impianto fotovoltaico orbitante, firmato NASA, che attraverso i molteplici specchi indirizzerà la luce verso un unico elemento fotovoltaico, che, a sua volta, invierebbe via wireless sotto forma di micro onde radio l’energia a un dispositivo sulla Terra.
È inconfutabile che raccogliere l’energia prodotta dal sole, “direttamente dalla fonte”, senza il filtro dell’atmosfera e delle nuvole, ha degli enormi vantaggi. Primo fra tutti nello spazio, l’energia del sole (1371 W/m2) è molto più abbondante che sulla terra (170W/m2) e non ci sarebbero limiti né quantitativi, dal momento che la raccolta potrebbe essere continuativa per 24 ore consecutive, né qualitativi, in quanto l’intensità luminosa non è diminuita dai gas presenti in atmosfera. Ma non solo. L’energia solare spaziale potrebbe sostituirsi agli impianti fotovoltaici sulla terra, resi inagibili nei momenti di maggiore difficoltà come ad esempio i cataclismi naturali.
Come dicevamo in apertura il problema principale di queste tecnologie rimane sempre lo stesso: come ammortizzare i costi. Una centrale solare nello spazio, infatti, per ottenere 22 GW richiederebbe una spesa di almeno 120 miliardi di euro, un investimento che potrebbe essere ammortizzato dopo circa 30 anni. Fermo restando che al di là dei costi ci sono anche dei limiti inerenti la sua fattibilità. Primo fra tutti come inviare l’energia ricavata dal Sole sulla Terra. Per il momento le soluzioni individuate sono due, le onde radio e il laser, ma entrambe devono ancora essere verificate dai ricercatori, perché questo tipo di trasmissione richiederebbe un cielo limpido per inviare l’energia.
In ogni caso, nonostante i nodi ancora da sciogliere, il conto alla rovescia è iniziato e, quindi, non ci rimane che attendere.