Gaianews

Paesaggio, suolo, natura: cosa bisogna cambiare per evitare altri disastri?

Scritto da Renzo Moschini il 19.12.2011

Alluvione a GenovaVorrei prendere spunto da due importanti articoli di Repubblica che in rapida successione hanno affrontato con Salvatore Settis il tema di come salvare il belpaese da altri disastri e con Antonio Fraschilla di cosa si addensa di rovinoso sulle nostre coste.
Nel primo caso ai disastri ormai annunciati a cui non seguono interventi adeguati si sommano progetti tipo Ponte sullo Stretto o i vari piani casa con tanto di condoni al seguito.
Il paesaggio con il suolo vanno in malora, denuncia Settis, ma lo spread tra cosa prescrive la nostra Costituzione e quello che i governanti stanno facendo e continuano a fare in spregio all’art 9 cresce. E qui Settis torna a parlare, come ormai fa da tempo, della condizione delle nostre Sopraintendenze messe, come dice lui, in soffitta e non nelle condizioni di fare il loro mestiere. Ma come vedremo subito in rapporto anche alla inchiesta di Fraschilla sulle nostre coste c’è qualcosa di più e di più complesso che va ben oltre il ruolo e la condizione delle nostre sopraintendenze e attiene più complessivamente al governo del territorio e a quel nuovo titolo V della Costituzione rimasto non a caso da un decennio lettera morta nonostante tutte le chiacchere sul federalismo.

L’inchiesta documenta come dalla Liguria a Siracusa sia in atto un nuovo sacco delle nostre coste che col pretesto del porto turistico le riempirebbe di alberghi e centri commerciali con tanto di campi da golf come aveva pensato già la Brambilla.
Si tratta di affari enormi e altrettanto lo sono le superfici da occupare e le tonnellate di cemento da colare nei luoghi più belli, ma anche fragili del paese.
Qui si registra con scandalosa evidenza la latitanza e l’inadeguatezza colpevole dello stato e del nostro sistema istituzionale nel suo complesso di gestire l’ambiente e il territorio coerentemente con l’art 9 e, appunto, con il nuovo titolo V che richiede la ‘leale collaborazione’ con regioni ed enti locali e quindi unitariamente e su un piano di pari dignità. Unitario sotto il profilo delle materie: paesaggio, natura, suolo. E già qui registriamo sconnessioni che confliggono anche con la Convenzione europea sul paesaggio, come l’essere tornati a separare il paesaggio dai piani dei parchi. Connessioni possibili solo se si mette fine alla pretesa centralistica dello stato di prevalere sugli altri livelli istituzionali perché la competenza primaria non significa separazione, prevaricazione, estromissione che ha già provocato danni incalcolabili. Vale per il paesaggio come per il suolo e la biodiversità. Se i piani paesaggistici vanno in soffitta la stessa sorte l’anno avuta i piani di bacino e non solo per i tagli finanziari; e ora anche i parchi non solo sono lasciati a secco, ma sono ridimensionati nel loro ruolo di pianificazione e governo dell’ambiente.

Ecco dove avvertiamo ancora un limite nelle giuste e sacrosante denunce dei due articoli. Un limite che sta allo stato, alle regioni, agli enti locali, specialmente nel momento in cui vari livelli istituzionali sono rimessi in discussione o sono addirittura prossimi ad essere abrogati. Si dovrebbe rivedere e ricondurre a quel governo del territorio che richiede efficaci politiche nazionali che per essere davvero tali, specie oggi, in riferimento anche all’Europa, devono integrarsi e raccordarsi e non per finta. Le sedi e gli strumenti preposti oggi a questa gestione sono assolutamente inadeguati a cominciare dalla Conferenza stato- regioni- autonomie, dove si arriva quando il governo ha già deciso. E non vanno meglio le cose per i bacini e per i parchi dove Roma decide anche per gli altri e senza gli altri. Che in questa partita abbiano un ruolo anche le sopraintendenze è fuori discussione, ma lo è anche il fatto che la dimensione e la natura dei problemi con i quali dobbiamo fare i conti, senza una presenza finalmente forte e su un piano di pari dignità di tutte le istituzioni, non eviterà quella deriva che prevede anche la messa in vendita di tanti beni per far cassa.
Pensiamo alle coste dove una legge di diversi anni fa prevedeva, per la prima volta, politiche di pianificazione regionale da concordare e gestire con lo stato. Pensiamo alla Convenzione alpina. Sono tutti momenti e aspetti qualificanti sul piano strategico per serie ed efficaci politiche nazionali non certo affidabili unicamente a ministeri che non hanno più, come quello dell’ambiente, neppure sedi per progettare e gestire unitariamente -e senza telefonate a Bisignani- le politiche marine, come nel Santuario dei cetacei dove invece si vorrebbero estromettere proprio le regioni e gli enti locali.
Anche le regioni incluse, anche quelle con alle spalle esperienze importanti –vedi la Toscana- devono darsi una mossa. Come abbiamo visto anche strumenti come il PIT hanno presto mostrato la corda. Ora va cambiata musica altrimenti i disastri aumenteranno, ma le risposte in grado di arginarli no.

Renzo Moschini

© RIPRODUZIONE RISERVATA