Le ricerche congiunte dell’Università del Texas ad Arlington (UTA) con l’Istituto Wadia per la Geologia Himalaiana ad Uttarakhand, in India, suggeriscono che l’idrogeno, l’ossigeno, l’acqua e l’anidride carbonica abbiano avuto origine nel mantello terrestre, a centinaia di chilometri sotto la superficie.
“Questa scoperta è importante in quanto dimostra come potrebbe essere avvenuta l’evoluzione planetaria della Terra”, dichiara Asish Basu, professore presso l’UTA di Scienze terrestri e ambientali e co-autore dell’articolo apparso sulla rivista Geology nello scorso mese di agosto.
I ricercatori hanno concentrato la loro attenzione su una porzione, spessa sette chilometri, di mantello superiore che sono riusciti ad individuare ad un’altitudine compresa tra i 3600 e i 4800 metri, nell’Alta Himalaya.
Questa porzione di parte alta del mantello è risalita verso l’alto, inclusa verso la cima delle montagne, come risultato della spinta della placca indiana contro la placca asiatica.
Sotto l’influenza delle immani pressioni della placca indiana verso Nord, l’antico fondale del mare di Tetide si sarebbe corrugato, inarcandosi, e il mantello sottostante sarebbe risalito, dando origine alla catena himalaiana, circa 55 milioni di anni fa.
“Questa porzione di mantello giunta così in alto si trova in una posizione ideale per noi, in quanto ci offre il modo di analizzare ‘direttamente’ la natura dello strato che sta sotto la crosta terrestre, una zona cui non potremmo mai arrivare perforando perpendicolarmente il fondo oceanico con le sonde di cui disponiamo”, spiega Basu.
“Una scoperta iniziale fondamentale è stata quella di microdiamanti, le cui rocce ospiti si formano nella zona di transizione tra la crosta e il mantello, tra 410 e 660 chilometri di profondità al di sotto della superficie terrestre”.
Studiare le matrici inclusive di queste rocce e i minerali cristallizzati che vi sono inclusi è stata un’occasione unica per gli studiosi, perché significava – come detto prima – sondare anzi, riuscire a ‘toccare con le mani’ le rocce del mantello, altrimenti irraggiungibili.
Con i microdiamanti, utilizzando lo studio spettroscopico Raman, sono così state trovate inclusioni primarie di idrocarburi e di idrogeno.
Questo particolare metodo spettroscopico è una tecnica basata sul fenomeno di diffusione di una radiazione elettromagnetica che identifica un certo composto minerale nel campione in esame.
L’altra scoperta sorprendente ha riguardato l’ambiente della zona di transizione profonda del mantello in cui si è formato il diamante, che è risultata priva di ossigeno.
I ricercatori ipotizzano che durante il moto convettivo ascendente, dato che il mantello risale.in zone più vicine alla superficie e quindi sottoposte a pressioni minori, gli idrocarburi allo stato fluido vengano ossidati e il carbonio precipiti come diamante (la forma più pura); un meccanismo che può anche essere responsabile della formazione dei diamanti più grandi, come quello più prezioso al mondo, il Koh-i-Noor o Montagna di luce, ora incastonato nella corona della regina d’Inghilterra.
“Abbiamo anche scoperto che la risalita di materiale dal mantello profondo può ossidare i fluidi producendo acqua e anidride carbonica, noti per avere un ruolo nella fusione profonda del mantello”, ha detto Souvik Das, studioso UTA. “Questo significa che molti dei principali composti che interessano l’evoluzione, come l’anidride carbonica e l’acqua, possono venire generati all’interno del mantello”, aggiunge.
Per la convalida, l’ipotesi formulata avrà comunque ancora bisogno dell’avallo di ulteriori esperimenti da parte di altri studiosi.
Per completezza di informazione, sottolineiamo che lo studio fa parte del piano più generale dell’UTA sull’impatto ambientale globale.