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Significativa presenza d’acqua nelle profondità terrestri

Scritto da Leonardo Debbia il 31.10.2022

Lo strato limite che separa il mantello inferiore dal mantello superiore della Terra è una zona di transizione (o TZ) che riveste ruolo molto importante per il pianeta.

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Questa zona di passaggio di materiale caldo, che risale dall’interno terrestre, si trova ad una profondità che varia dai 410 ai 600 chilometri di profondità ed è caratterizzata da pressioni con altissimi valori, che possono arrivare fino a 23mila bar (intorno alle 22600 atmosfere).

E’ comprensibile come sotto tali pressioni i minerali del magma non possano mantenere i caratteri geochimici e geofisici che hanno sulla superficie terrestre.

L’olivina, ad esempio – minerale verde oliva che costituisce da solo il 70 per cento del mantello superiore – assume una struttura cristallina alterata e il nome di peridoto.

La sua densità cambia con il diminuire della profondità e quindi della pressione: a 510 chilometri di profondità diviene infatti più densa e si chiama ringwoodite, mentre alla profondità di 410 chilometri – al limite superiore della zona di transizione – aumenta in densità e cambia ancora il nome in wadleyite.

“Queste trasformazioni dei minerali ostacolano notevolmente i movimenti della roccia fusa nel mantello”, spiega il prof. Frank Brenker, dell’Istituto di Geoscienze dell’Università Goethe di Francoforte.

I pennacchi del mantello – fiumi di magma che risalgono dal mantello profondo – talvolta non riescono a perforare la roccia troppo densa e si fermano sotto la zona di transizione, spesso bloccando anche il movimento dei magmi discendenti nella direzione opposta.

“Le placche in subduzione trovano spesso difficile sfondare l’intera zona di transizione, troppo vasta, bloccando totalmente il movimento delle placche crustali al di sopra di un’ampia parte del mantello. Per citare un esempio, questo fenomeno attualmente sta interessando tutta l’Europa”.

Finora non si conoscevano gli effetti sul lungo termine del materiale ‘risucchiato’ nella ZT, compresa la sua composizione geochimica e la quantità d’acqua immagazzinata.

“Le placche in subduzione trasportano anche sedimenti di acque profonde che si depositano all’interno della Terra assieme all’ anidride carbonica. Ma finora non si sapeva quanto materiale di questo genere entrasse nella ZT sotto forma di minerali idrati, né si sapeva se grandi quantità d’acqua venissero realmente immagazzinate sotto i nostri piedi,” sostiene Brenker.

Le condizioni prevalenti assicurerebbero il verificarsi di un tale processo. I minerali densi (wadleyite e ringwoodite possono, a differenza dell’olivina a profondità minori, immagazzinare grandi quantità d’acqua; tanto grandi che la ZT sarebbe teoricamente in grado di assorbire sei volte la quantità d’acqua degli oceani di superficie.

“Così, abbiamo appreso che lo strato limite ha un’enorme capacità di immagazzinare l’acqua, anche se non si sapeva se di fatto questo fenomeno avvenisse realmente e con quali modalità”, dice Brenker.

Uno studio internazionale, cui lo studioso bavarese ha partecipato, ha ora fornito la risposta.

Il team ha analizzato un diamante del Botswana, in Africa, che si era formato alla profondità di 660 chilometri, proprio all’interfaccia tra ZT e mantello inferiore, dove è prevalente la ringwoodite. I diamanti di questa zona sono molto rari; rari anche tra i diamanti più rari di maggiori profondità che, da soli, rappresentano soltanto l’uno per cento del totale dei diamanti.

Le analisi hanno rivelato che il diamante del Botswana contiene numerose inclusioni di ringwoodite con un elevato contenuto d’acqua. Siamo riusciti anche a determinare la sua composizione chimica, che è risultata quasi del tutto analoga ad ogni frammento di roccia del mantello che viene trovato nei basalti di tutto il mondo.

Queste caratteristiche dimostrano che questo diamante doveva provenire sicuramente dal mantello terrestre.

“Abbiamo le prove che la ZT non è come una spugna asciutta, ma contiene notevoli quantità d’acqua”, continua Brenker. “Ci siamo perciò avvicinati all’idea espressa da Jules Verne che preconizzava un oceano al centro della Terra; soltanto che, di fatto, non si tratta di un oceano vero e proprio, bensì di roccia idrata”.

La ringwoodite idrata era stata scoperta per la prima volta in un diamante proveniente dalla ZT già nel 2014 e Brenker ne era al corrente, ma le piccole dimensioni del minerale non avevano consentito di calcolarne l’esatta composizione, mentre le dimensioni del diamante del Bontswana (1,5 cm) erano sufficienti per poter confermare le inclusioni di acqua come valido componente.

L’elevato contenuto d’acqua della ZT ha conseguenze notevoli. Infatti, qualora i pennacchi caldi ascendenti trovino la loro strada ostruita, l’acqua presente può riscaldarsi e produrre una frammentazione in pennacchi più piccoli, che possono sfondare il confine del mantello superiore conferendo ai magmi una mobilità maggiore e più dinamismo.

La ZT, lungi da fungere da barriera alle dinamiche dell’interno terrestre, acquista un ruolo incisivo di motore nella circolazione materiale globale.

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