Ai geologi è noto da molto tempo che alcune parti degli attuali continenti si sono formate nel più lontano passato della Terra, ma sia la velocità con cui le terre sono emerse dall’oceano primordiale, innalzandosi al di sopra del livello del mare, sia i contorni che delineano queste masse sono state finora solo oggetto di studio e speculazioni.
Ora, sulla base di 600mila analisi di minerali tratte da un database di circa 7700 diversi campioni di roccia, un team di studiosi, guidato da Jesse Reimink, docente alla Penn State University, negli Stati Uniti d’America, ritiene di poter dare qualche risposta.
I ricercatori affermano che le masse terrestri hanno iniziato ad emergere ed innalzarsi lentamente sopra l’antico livello dei mari intorno ai 3 miliardi di anni fa.
Quando questa interpretazione è stata confortata da studi precedenti, è stato ritenuto di poter ragionevolmente supporre che i continenti abbiano impiegato circa 500 milioni di anni per raggiungere gli spessori e le forme attuali.
Queste conclusioni sono state rese pubbliche sulla rivista Earth and Planetary Science Letters.
Per arrivare a questa conclusione gli scienziati hanno applicato un’analisi statistica unica alle età di cristallizzazione degli zirconi, minerali molto affidabili per quanto riguarda la datazione e molto frequenti nelle rocce sedimentarie.
Fino ad oggi, per datare ageduatamente le rocce, i ricercatori utilizzavano il metodo del decadimento uranio-piombo.
Quando nella struttura dei cristalli si formano gli zirconi, il piombo non è presente; quindi qualsiasi quantità di piombo è da ritenersi prodotta dal decadimento dell’uranio in momenti successivi.
I minerali trovati nei campioni di rocce sedimentarie originariamente si formavano nei magmi più vecchi e, attraverso l’erosione ed il trasporto ad opera delle acque correnti, si depositavano negli oceani, dove, con il trascorrere del tempo, si consolidavano nelle rocce sedimentarie di cui è costituito il fondo marino.
L’età degli zirconi contenuti nelle rocce della parte orientale del Nord America sono, ad esempio, diverse dalle età delle masse terrestri quali quelle giapponesi, formatesi a seguito di attività vulcanica molto più recente.
“Il fiume Mississippi sta erodendo rocce e fluitando zirconi provenienti da tutto il Nord America. Di fatto, porta con sé grani minerali che hanno età molto diverse, comprese tra un milione e qualche miliardo di anni”, afferma Reimink. “Il nostro studio suggerisce che allorchè iniziarono ad accumularsi i primi sedimenti nei bacini primordiali, le differenze d’età vennero a coinvolgere anche questi bacini, dividendoli in fasce temporali altrettanto ampie in relazione ai sedimenti che vi si depositavano”.
I sedimenti sono frutto dell’erosione di rocce più vecchie e portano la ‘firma’ della massa terrestre passata, in una sorta di capsula temporale costituita dagli zirconi.
La ricerca non risale alle dimensioni complessive dei continenti primordiali ma ipotizza che le linee degli spartiacque si siano delineate già 2,7 miliardi di anni fa.
Questa constatazione è fondamentale per diversi motivi.
In primo luogo, sapere quando e come si sono formati i continenti fa progredire la ricerca sul ciclo del carbonio nelle terre, nell’acqua e nell’atmosfera; in secondo luogo, fornisce indizi sull’origine del pianeta.
E questo secondo punto potrebbe rivelarsi utile nelle scoperte sulla vita e la formazione di altri pianeti.
La Terra è un pianeta che ospita la vita grazie alle condizioni favorevoli date dalle interazioni tra crosta continentale, composizione atmosferica e oceanica. Conoscere come e quando si sono verificati questi processi potrebbe contenere indizi sulle origini della vita.