Gaianews

Isola indonesiana insolitamente ricca di pitture rupestri

Scritto da Leonardo Debbia il 20.12.2017

 

A seguito di uno studio condotto da ricercatori dell’Università Nazionale Australiana (ANU), in una minuscola isola indonesiana, finora ignorata dagli archeologi, sono state rinvenute inaspettate pitture rupestri, vecchie di qualche migliaio d’anni.

Mappa dell'Isola di Kisar (crediti: ANU)

Mappa dell’Isola di Kisar (crediti: ANU)

 

Il team di archeologi che ha realizzato la scoperta ha contato un totale di 28 siti di arte rupestre risalenti ad almeno 2500 anni fa sull’isola di Kisar, nell’Arcipelago indonesiano delle Piccole Isole della Sonda, un lembo di terra nell’Oceano Indiano che emerge a 30 chilometri a nord di Timor-Leste e che misura soltanto 81 chilometri quadrati di superficie.

Leader del gruppo, la professoressa Sue O’Connor, archeologa e naturalista della Scuola di Cultura, storia e lingua presso l’ANU, sostiene che i dipinti sono un aiuto fondamentale per ricostruire la storia del commercio e della cultura non solo dell’isola, ma dell’intera regione.

“Dal punto di vista archeologico, nessuno finora aveva mai esplorato questa piccola isola”, ha dichiarato la studiosa. “Queste isole indonesiane erano il cuore del commercio delle spezie, che risale a migliaia di anni fa. I dipinti che abbiamo trovato raffigurano imbarcazioni, cani, cavalli e esseri umani che, per la maggior parte, tengono in mano qualcosa somigliante ad uno scudo.

“Altre scene mostrano uomini intenti a suonare dei tamburi; probabilmente impegnati in qualche rito o cerimonia tribale”.

Secondo la O’Connor, la scoperta mette in luce la forte condivisione di usi e costumi con la vicina isola di Timor, evidenziando una storia più complessa di quanto si sia finora pensato.

“I dipinti dell’Isola di Kisar, infatti, includono immagini molto simili a quelle che si sono scoperte all’estremità orientale di Timor Est”, sottolinea la studiosa.

“Una caratteristica distintiva di entrambe le isole è la dimensione estremamente piccola delle figure umane e degli animali; la maggior parte inferiore a 10 centimetri. Nonostante le dimensioni ridotte, si nota comunque un notevole dinamismo dei tratti”.

L’archeologa afferma inoltre che il rapporto tra le due isole va esteso probabilmente al periodo Neolitico, retrodatandolo a 3500 anni fa, epoca in cui coloni austronesiani introdussero animali domestici, quali il cane, e forse anche colture di cereali.

Per inciso, ricordiamo che il Neolitico, come altri periodi preistorici, non ha avuto inizio contemporaneamente negli stessi luoghi, nè la stessa durata ovunque, ma con la nascita dell’agricoltura, i progressi nella conoscenza e lo sviluppo tecnologico e culturale, origini e dìffusione delle singole civiltà si ottennero sorti assai diverse da un luogo all’altro.

Non deve stupire più di tanto, quindi, che mentre su queste isole si raffiguravano dipinti rupestri, Roma vivesse nello splendore dei monumenti dell’Impero.

Tuttavia, gli stretti paralleli tra alcune delle figure dipinte e le immagini ritratte sui tamburi metallici che iniziarono ad essere prodotte nel nord del Vietnam e nel sud-ovest della Cina circa 2500 anni fa, suggerendo un interscambio culturale che coinvolgeva tutta la regione, indicherebbero che alcuni dipinti possano risalire ad una data più recente, forse coeva e quindi più congruente con aree meridionali del continente asiatico.

“Questi dipinti preludono all’introduzione di un nuovo sistema simbolico, stabilito circa duemila anni fa in seguito allo scambio di beni di prestigio e all’inizio di società gerarchiche”, conclude la O’Connor.

© RIPRODUZIONE RISERVATA