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Scoperto in Groenlandia antico lago subglaciale formatosi in un periodo di clima arido

Scritto da Leonardo Debbia il 26.11.2020

“Un importante deposito di informazioni in un ambiente al momento totalmente nascosto e inaccessibile”.

lago-groenlandia

Così si è espresso Guy Paxman, un ricercatore dell’Osservatorio della Terra di Lamont-Doherty presso la Columbia University, riferendosi alla scoperta di un enorme antico letto di un lago rimasto ‘conservato’ a più di un miglio di profondità sotto il ghiaccio della Groenlandia nord-occidentale; una formazione unica, osservata per la prima volta in materia di ambienti sub-glaciali.

Apparentemente formatosi in un periodo in cui l’area era priva di ghiaccio e oggi invece completamente congelata, il letto del lago potrebbe esser vecchio di centinaia di migliaia, se non addirittura milioni, di anni e potrebbe contenere tracce fossili e chimiche uniche relative a climi e forme di vita di un lontano passato.

Gli scienziati ritengono che questi dati possano essere veramente essenziali per capire come potrebbe comportarsi la calotta della Groenlandia nei prossimi anni a seguito del cambiamento climatico in atto, quando il sito costituirebbe un obiettivo allettante e non troppo difficile per una perforazione.

L’articolo che descrive la scoperta è stato pubblicato sulla rivista Earth and Planetary Science Letters.

La calotta glaciale che copre la Groenlandia in questi ultimi anni si sta sciogliendo ad un ritmo sempre più veloce e il suo volume d’acqua è tale che la fusione completa potrebbe far aumentare il livello degli oceani del mondo di circa sette metri.

I ricercatori hanno mappato il letto dell’antico lago analizzando i dati trasmessi dalle strumentazioni aerotrasportate in grado di leggere i segnali che, penetrando nel ghiaccio, fornivano immagini delle strutture geologiche sottostanti, collocate a bordo di aerei messi a disposizione dell’Operazione IceBridge della NASA.

Gli scienziati riferiscono che un tempo il bacino ospitava un lago che copriva circa 1700 chilometri quadrati, pari alle dimensioni degli Stati Uniti, del Delaware e del Rhode Island messi insieme.

Pare che i sedimenti del bacino, che ha una forma simile a un’ascia da macellaio, raggiungano uno spessore di 1,2 chilometri.

Le immagini geofisiche mostrano una rete di almeno 18 letti di fiumi scavati nella roccia di una scarpata, inclinata verso nord, che sicuramente dovevano alimentare il lago. E’ visibile inoltre un flusso in uscita apparente verso sud.

E’ stato calcolato che la profondità del lago doveva variare dai 50 ai 250 metri.

Negli ultimi anni dagli scienziati sono stati trovati vari laghi subglaciali, sia in Groenlandia che in Antartide, con acqua liquida fossile intrappolata nel ghiaccio o tra roccia e ghiaccio.

Questa, tuttavia, è la prima volta che viene trovato un letto di lago fossile formatosi quando non c’era ancora ghiaccio, che lo ha coperto e inglobato nella massa ghiacciata solo in un secondo tempo.

Per di più, non sono state rinvenute prove che il bacino contenga oggi acqua allo stato liquido.

Secondo Paxman, non c’è modo di sapere quale sia l’età effettiva del lago. Il ghiaccio potrebbe essere avanzato ed essersi ritirato periodicamente sull’isola negli ultimi dieci milioni di anni o addirittura risalire fino a 30 milioni di anni fa.

Uno studio del 2016 di Joerg Schaefer, un geochimico della stessa Università, suggeriva che la maggior parte del ghiaccio si sarebbe ritirata a più riprese nel corso degli ultimi milioni di anni, ma l’ipotesi non aveva trovato conferme.

Queste coperture alternate, secondo Paxman, avrebbero avuto effetti diversi sull’area lacustre e sulla sua storia, ma la profondità dei sedimenti nel bacino fa ragionevolmente ipotizzare che il lago sia rimasto libero dai ghiacci per parecchie migliaia di anni, se non milioni.

“Lo potremo sapere solo arrivando a perforare quei sedimenti”, conclude lo scienziato.

Penetrando nel ghiaccio, il radar della NASA ha fornito comunque un’ottima mappa topografica del substrato roccioso su cui poggia la calotta ghiacciata, rivelando un fondale liscio, di bassa profondità tra rocce di alta quota.

Le misurazioni della gravità hanno mostrato che il materiale del bacino è meno denso delle rocce dure e metamorfiche circostanti, testimoniando una composizione sedimentaria asportata dal dilavamento ad opera delle acque, mentre le misure del magnetismo hanno rivelato sedimenti meno magnetici della roccia solida.

I ricercatori sostengono che il bacino avrebbe potuto essere stato originato da una depressione lungo una linea di faglia allungatasi nel tempo oppure – ipotesi meno probabile – esser stata scavata da precedenti glaciazioni, che l’avrebbero poi riempita d’acqua, nella fase di fusione del ghiaccio.

La natura dei sedimenti è ovviamente tutta da chiarire. I fianchi rocciosi dilavati dalle acque potrebbero contenere informazioni preziose sia sulla litologia che sul contenuto in pollini, dando la possibilità di delineare gli ambienti che si sarebbero alternati nell’area e consentendo persino ricostruzioni di probabili antiche foreste.

La parte superiore del sedimento si trova a 1,8 chilometri sotto l’attuale superficie ghiacciata e questo rappresenta un ostacolo difficile ma non insormontabile, quando si pensi che negli anni ’90 si riuscì a penetrare nella calotta della Groenlandia per 2 miglia, recuperando diversi metri di roccia.

L’impresa richiese cinque anni e non fu più ripetuta, ma alla luce della nuova scoperta, si affaccia la probabilità di un nuovo progetto.

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