Negli ultimi decenni, molte zone della foresta amazzonica sono diventate un mosaico di aziende agricole, pascoli e foreste di seconda crescita perchè c’era stato un movimento di persone che dall’esterno si trasferiva nella foresta, magari disboscando per coltivare. Ma ora molti si stanno spostando fuori, alla ricerca di nuove opportunità economiche nelle città che sono in forte espansione economica.
Il conseguente spopolamento delle aree rurali, con la creazione di reti stradali, e la siccità stanno causando un aumento degli incendi che stanno devastando vaste aree, dicono i ricercatori in un nuovo studio. Lo studio, con particolare attenzione alla zone del Perù, è l’ultimo a suggerire che lo sfruttamento del suolo e altri fattori, tra cui il cambiamento climatico, stanno conducendo verso incendi sempre più distruttivi in molte parti della Terra. La ricerca sarà pubblicata su PNAS.
Quasi tutti gli incendi nell’Amazzonia peruviana sono causati dagli esseri umani che cercano di bruciare la vegetazione boschiva per creare pascoli o zone adatte all’agricoltura e rilasciare elementi nutritivi nel terreno. Ma il cosiddetto “taglia-e-brucia” stava acquisendo una cattiva reputazione negli ultimi decenni, perchè il numero di allevatori e agricoltori stava crescendo e vaste aree tropicali sono state disboscate con il fuoco, con conseguente erosione del suolo e rilascio di carbonio.
Ora però, molti abbandonano la terra o il lavoro per cercare lavoro in città e alcuni scienziati avevano pensato che questo avrebbe potuto condurre a un minor numero di incendi. Ma lo studio dimostra il contrario: con meno persone a controllare gli incendi c’è la possibilità che gli incendi si diffondano sugli appezzamenti incolti, bruciando grandi aree – non solo le foreste, ma fattorie, piantagioni di frutta, case e villaggi.
“Gli agricoltori sono spesso accusati di deforestazione e distruzione ambientale, ma sono abbastanza preparati nella gestione del fuoco”, ha spiegato l’autore María Uriarte, un ecologodella Columbia University.
Tra il 1993 e il 2007 (l’anno dell’ultimo censimento), la popolazione dell’Amazzonia peruviana è salita di oltre il 20 per cento, a circa 7,5 milioni. Ma le aree urbane sono cresciute molto più velocemente, così molte persone si sono trasferite dalle campagne verso le città e le popolazioni rurali di alcune province hanno visto cali fino al 60 per cento. Gran parte dell’Amazzonia brasiliana sta subendo una trasformazione simile. Le popolazioni rurali in quasi tutte le nove nazioni che compongono il bacino amazzonico, che includono anche il Venezuela, la Colombia e la Bolivia, diminuiranno.
Con la creazione di nuove città stanno aumentando le infrastrutture rendendo i luoghi precedentemente inaccessibili raggiungibili per il taglio degli alberi, l’agricoltura e altre attività. Oltre a questo, l’Amazzonia ha sofferto siccità massicce nel 2005 e nel 2010, eventi che precedentemente avvenivano solo una volta ogni 100 anni. Oltre al disboscamento, questo ha portato nel 2005 agli incendi che hanno bruciato circa 800.000 ettari. Nel 2011 uno studio dei membri del team della Columbia ha spiegato che le siccità sono collegate alle variazioni di temperatura nel lontano Oceano Atlantico; secondo alcuni modelli con l’aumento della temperatura globale la situazione è destinata a peggiorare.
Per valutare la prevalenza e le cause degli incendi incontrollati, i ricercatori hanno combinato i dati climatici, di telerilevamento per immagini e le interviste sul campo con gli agricoltori.
In questo modo hanno scoperto che le condizioni di siccità e la vicinanza alle strade sono correlate con un aumento degli incendi. Ma la maggior parte degli incendi è aumentato, sia nella frequenza che nelle dimensioni laddove la popolazione è diminuita.
“Il declino previsto nella popolazione rurale in tutti i paesi dell’Amazzonia e l’espansione delle infrastrutture stradali in combinazione con le siccità sempre più frequenti previste da alcuni modelli climatici globali prevedono un incremento dei danni derivanti dagli incendi in futuro”, spiegano gli autori.
Ci sono però anche delle note positive: con i nuovi modelli è possibile che le siccità siano previste con un certo anticipo e quindi che si possa agire di conseguenza per limitare i danni. Inoltre si sta diffondendo la coltivazione della palma da olio che è meno suscettibile ad infiammarsi.
Purtroppo, un altro studio dei membri del team lo scorso anno, ha dimostrato che le piantagioni sono spesso ricavate dal disboscamento di foreste vergini. Ma i ricercatori hanno fiducia che le politiche governative incoraggino la creazione delle nuove piantagioni di palma da olio laddove si trovano le fattorie e i campi abbandonati.