Siccome sul tema dei migranti e dell’accoglienza faccio fatica a capire chi li rifiuta, chi ha paura dell’invasione, chi teme per sé e la sua terra, insomma chi non sa mettersi un po’ nei panni dell’altro, mi sono chiesta il motivo di questa paura.
È vero che esistono individui luminosi, e anche individui che vivono momenti luminosi, di accoglienza e di grandezza d’animo. È altrettanto vero che esistono individui che risucchiano la luce ed emettono solo opacità.
Però, come in tutte le manifestazioni umane e non, esiste soprattutto la massa, il grande numero di chi non è luminoso, ma nemmeno risucchia luce, di chi ha una dose media di luce e buio, sempre.
Per capire la reazione prevalente della massa che è, appunto, la paura, bisogna dunque pensare a questi grandi numeri e alle reazioni di chi si sente attaccato dall’altro, il diverso.
La paura si genera nella parte più antica del cervello, è un’emozione che condividiamo con tutti gli esseri viventi, la paura è emozione di base e necessaria ma, se non governata, diventa nefasta per la vita.
La paura prevalente è quella di essere invasi, una paura anche razionale e motivata, in certi casi. La paura è legata dunque allo spazio, al bisogno di uno spazio vitale, la sopravvivenza per tutti dipende anche dall’avere il giusto spazio.
Per capire il tema della difesa del territorio allora bisogna studiare la biologia, i fenomeni naturali e anche l’evoluzione. Non si tratta cioè soltanto di capire i singoli individui, la loro psiche e nemmeno solo la psicologia delle masse, ma qualcosa di meno umano, di più trasversale: cioè uno studio biologico sul comportamento delle diverse specie animali e vegetali. Anche le piante, infatti, proteggono il loro spazio vitale.
E non basta, il discorso dello spazio, della distanza ha molta parte nella fisica. Si pensi alla attrazione gravitazionale, ogni pianeta, ogni corpo celeste ha un suo spazio, un giusto equilibrio tra distanza e vicinanza con gli altri corpi celesti, senza questo equilibrio tutto precipiterebbe. Lo spazio è infatti sinonimo di divisione e di individuazione. Da un tutto unico si staccano gli individui e, se ci pensiamo, è comprensibile anche un po’ di paura.
Anche nell’infinatemente piccolo, tutto alla fin fine è energia e vuoto. Dunque spazio.
Ma d’altra parte la collisione esiste, l’incontro è inevitabile, fra atomi, fra persone, fra esseri viventi, persino fra corpi celesti. E dalla collisione nasce sempre qualcosa di nuovo, ma anche qualcosa finisce, cambia.
Ora io sto facendo un minestrone, molto umanista e poco scientifico credo, ma io umanista sono, però quel che voglio dire alla fine sono tre cose:
1. bisogna creare rete fra le diverse discipline, come nell’Umanesimo e nel Rinascimento, ma ancor prima come fra i grandi sapienti greci, i filosofi presocratici che avevano capito molto del cosmo, di noi e della vita. Pensiamo a Democrito e Leucippo: gli atomisti.
2. Bisogna creare rete per conoscersi e superare la paura. Dunque io, oltre a mettermi nei panni dei migranti, devo sforzarmi di entrare nei panni (davvero un po’ più stretti) di chi ha paura e frena sull’accoglienza. Devo capire cosa prova e rassicurarlo.
3. Infine, chissà se davvero il mondo umano, il mondo di ogni vivente deve essere proprio fatto così: qualcuno (pochi) che fa da apripista e la massa che frena, che rallenta.
Su questo terzo punto vorrei proprio sbagliarmi, frenare come ben sa chi mi conosce non mi è mai piaciuto.