Il Capacity Payment interviene sulla copertura dei costi di produzione degli impianti convenzionali ad oggi necessari per il soddisfacimento della domanda energetica nazionale.
L’elevata produzione di energia elettrica generata dalle fonti rinnovabili ha contribuito, data anche la caratteristica di discontinuità di produzione, alla riduzione dello sfruttamento dei cicli combinati.
L’emendamento in discussione vorrebbe tradurre in “colpa” l’intervento delle nuove tecnologie, che andrebbero a risarcire, anche retroattivamente, lo squilibrio del sistema.
La freddezza della sintesi vuole far emergere una volta ancora il dualismo energetico insito dietro un emendamento di poche righe, di natura economica in quanto incidente su investimenti e lavoro, di natura politica, evolutiva, in quanto inserito in un contesto di crisi internazionale e immobilismo programmatico.
Le critiche lanciate nei giorni scorsi dalle associazioni di categoria erano rivolte alla retroattività della norma, che toglierebbe solidità agli investimenti, venendo a mancare la garanzia normativa dei contributi. È innegabile inoltre che il settore delle rinnovabili sia stato tra quelli più tartassati normativamente, drogato dagli incentivi statali e spesso ritenuto causa delle bollette elevate dei contribuenti.
Tali aspetti legati all’immediatezza degli scenari, andrebbero inseriti in un’ottica a più lungo termine. Il paradosso di far pagare alle tecnologie del futuro il danno che infliggono alle tecnologie destinate ad estinguersi, o comunque ridimensionarsi, rappresenta un’incomprensione delle prospettive piuttosto che dei meccanismi attuali.
La necessità di differenziazione delle risorse, tra componenti fossili e componenti rinnovabili, è data per assodata e invalicabile. Ricordiamoci, per quanto riguarda gli idrocarburi, che stiamo parlando di fonti non rinnovabili, finite per definizione, nonostante l’estensione di fiato dovuta a nuove scoperte non convenzionali, dovute al rapido avanzamento tecnologico supportato da ingenti investimenti.
In questo contesto, e per la natura e la distribuzione del mercato, sono numerosi e importanti gli accordi stretti a livello internazionale per garantire il mantenimento del nostro stile di vita, l’Italia stessa si è sempre configurata, per la sua posizione strategica, come hub del gas mediterraneo: attraverso giacimenti convertiti in serbatoi e complesse reti di metanodotti la penisola rappresenta uno snodo fondamentale per l’approvvigionamento europeo.
La visione si completa delle prospettive, che sono in parte realtà. La decisione da parte dell’Unione Europea di stanziare ventitré miliardi di euro per le energie rinnovabili fino al 2020 non può che essere vista come un indirizzo verso il quale condurre le economie degli Stati. Dietro le poche righe dell’emendamento si vuole celare l’avanzamento di quella che l’economista Rifkin chiama terza rivoluzione industriale, e che ha inserito formalmente nei programmi europei di cui è stato co-redattore.
Riguarda proprio l’energia prodotta localmente e immessa in rete, dalla propria casa, accumulata, utilizzata, rivenduta ove eccessiva, un sistema intelligente, in condivisione. Parte di questo futuro si sta concretizzando nei tanti progetti europei che parlano di efficientamento energetico, di ospedali che producono e vendono energia, nelle sempre più numerose auto elettriche che si lanciano contro l’egemonia del petrolio e delle accise.
L’orizzontalità delle centrali di produzione, la disponibilità della risorsa, il ridotto spreco di energia, sono parte di una politica futura che premia le piccole aziende ora in crisi, decentralizza i punti di generazione, ed è su questi aspetti che l’Italia può ritenersi potenziale leader del settore.
Esauriti gli incentivi per il fotovoltaico e con il costo del chilowatt installato sempre più basso, anche in Italia si fanno largo nel mercato sistemi d’accumulo e reti intelligenti, testimoni di un settore che trova sempre spunti di produzione, verdi.
Il governo è diviso sull’emendamento. Emendamento che pare tracciare la linea del piano energetico nazionale. La prossima tappa è la Camera dei Deputati.