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La “madre degli alberi”

Scritto da Maria Rosa Pantè il 03.10.2011
Wangari Maathai. Foto: Martin Rowe

Wangari Maathai. Foto: Martin Rowe

Prima di tutto non si sa chi sia. Poi è nera. Poi è addirittura donna. Infine è africana. Ultima tra gli ultimi, chi mai se la ricorda? Io no! È dovuta morire (il 26 settembre) perché io ricordassi chi mai fosse. Se il Nobel per la pace lo danno a Obama o ad Arafat me lo ricordo, ma a questa donna no!

Lei è Wangari Maathai, chiamata la “madre degli alberi”. Ha molti primati: prima donna keniota a insegnare all’università, prima donna africana a ottenere il Premio Nobel per la pace, nel 2004. E’ morta a 71 anni, vinta da un tumore, lei che aveva passato nella sua vita molti disagi e dolori e giorni in carcere e pestaggi. Una donna eccezionale, aveva capito alcune cose fondamentali che ancora oggi pochissimi hanno recepito.

  1. La pazienza: e devi avere pazienza se vuoi far crescere un albero. Infatti Wangari Maathai, aveva fondato un’associazione, il Green Belt Movement, che si preoccupava di fermare la desertificazione africana piantando alberi.
  2. Se pianti alberi devi anche avere fiducia e guardare lontano, nel futuro. Devi avere dentro il senso dell’attesa che sarà ricompensata.
  3. Aveva capito anche che tutto si tiene, come si dice, e che se tratti il problema dell’ambiente non pianti un albero e basta, ma sensibilizzi qualcuno che lo pianta con te. E se quel qualcuno sono soprattutto donne, in una terra come l’Africa tu quelle donne le istruisci, le liberi. E se liberi le donne, cioè una consistente parte del mondo oppressa, tu costruisci la democrazia e la libertà. Sei costruttore di giustizia.
  4. Insomma aveva capito che la giustizia è un diritto di tutti, dagli alberi, alle donne, anche quelle africane. Lottare per la giustizia vuol dire questo: lottare insieme con uno sguardo bello, limpido che guarda lontano nel futuro e un sorriso come il suo (ho visto delle foto su internet) che da calore e invita alla speranza.

Lei dal carcere è passata al palazzo del governo, in quanto vice ministro dell’ambiente. Ce l’ha fatta a imporre almeno in parte la sua visione della vita. Gli alberi che ha piantato, oltre 40 milioni, sono i suoi testimoni. Che li protegga da dove ora si trovi, perché strappare ciò che è stato piantato è azione rapida e facile, ne sappiamo qualcosa in Italia.

Concludo con le sue parole, una frase che mi ha incantata: “Negli anni ho imparato che bisogna avere pazienza, persistenza, impegno. Quando piantiamo gli alberi, a volte ci dicono: “Questo non voglio piantarlo, perché impiega troppo tempo a crescere”. Allora devo ricordare loro che gli alberi che stanno tagliando oggi non sono stati messi lì da loro, ma dai loro antenati. Perciò devono piantare alberi che saranno di beneficio per le comunità del futuro. Li porto a pensare che come un arboscello, con il sole, un buon suolo e pioggia abbondante, le radici del nostro futuro sprofonderanno nella terra e un manto di speranza raggiungerà il cielo.”

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  • ambrogio scrive:

    viviamo in un mondo dove diamo premi per la pace a Obama che nulla aveva fatto e nulla farà per la pace, ad Arafat noto terrorista che fino in punto di morte si è tenuto la pistona attaccata alla cintura e a una donna che pensa al futuro di chi verrà dopo di lei. In mezzo a tanti esempi estremamente negativi, l’avere una idea normale risulta essere una idea da nobel.
    Claudio